A cura della Redazione
Riceviamo e pubblichiamo la lettera inviataci da Lello Ricciardi, già assessore e dirigente del Partito Democratico, all´indomani del voto delle Regionali del 28 e 29 marzo 2010. Non è più tempo di esercizi retorici, di edulcorazioni e sottovalutazioni. I risultati elettorali consegnano al Pd ed al centrosinistra una situazione drammatica!!! De Luca ci ha messo l’anima ed il cuore ma ha perso. Il ciclo del ’93 si chiude con una cocente sconfitta. C’è un vento di destra che soffia, forte, nel Paese, in Campania ma ancor più nella nostra area metropolitana: i tre punti con i quali il neo Presidente Caldoro sopravanza De Luca nella città di Napoli, diventano più di 15 in provincia. A Castellammare Bobbio vince al primo turno. A Torre Annunziata ci sono almeno tre dati sui quali riflettere: 1) i votanti passano dal 77,63 del 2005 al 57,64 del 2010: venti punti in meno. Un vulnus democratico enorme, non riscontrabile - per qualità e quantità - in altre città; 2) il centrosinistra passa dal 72, 24 del 2005 al 46,34 del 2010: il 25, 90 % in meno. Anche rispetto alle amministrative del 2007 il crollo è forte (- 24,51) e persino rispetto al pessimo dato delle Europee (55,93) la riduzione ammonta a – 9,59% : il centrodestra è maggioranza. Per la prima volta da 15 anni; 3) il Pd perde: a) 10 punti sulle politiche del 2006; b) 11 punti sulle politiche del 2008; c) 12 punti sulle amministrative; d) circa 6 punti anche sulle europee del 2009. Certo il ritardo nella costruzione del partito ha pesato; ed ha pesato anche nella tenuta della coalizione: ma i nodi sono di sostanza, non temporali. Il partito è uno strumento, non un fine. Se non viene attivata una rigenerazione della sua attività, se non si ristabilisce una presenza efficace e costante sul territorio, nel rapporto quotidiano con la gente, il semplice insediamento degli organismi dirigenti sarà un debolissimo palliativo: questa floscia campagna elettorale lo conferma. La ripresa di un rapporto con il territorio mette all’ordine del giorno, bisogna averne consapevolezza, due temi che investono non solo il Pd ma l’intera coalizione: 1) la qualità della proposta; 2) la credibilità di chi la incarna. Su questo punto sono palpabili limiti significativi dovuti sia al ritardo colpevole con il quale non è stato affrontato il tema del nuovo orizzonte programmatico (a cominciare dalla risorsa mare, dal lavoro, dalla formazione e dalla rigenerazione urbana) sia dal progressivo scadimento del personale politico (non di rado incolto, incompetente, talora opaco). Questa drammatica situazione ha avuto un insospettato lievito: l’inefficacia del laboratorio istituzionale/amministrativo e le sue autolesioniste alchimie. Su questo versante – è fuorviante discettare di responsabilità in un momento così difficile ma i fatti non possono essere sottaciuti – ci sono almeno quattro contraddizioni che vanno sciolte: a) il caos sui confini della coalizione: è paradossale che un esponente della Giunta sia stato impegnato a sostenere Caldoro (oltre che una lista di centrodestra) e che un altro gruppo consiliare di maggioranza abbia anch’esso lavorato a favore del centrodestra; b) l’assenza di coerenza tra principi affermati e scelte concrete nella individuazione delle energie da impegnare nell’azione di governo. Permane un relativismo etico che induce l’opinione pubblica alla omologazione, in un indistinto giudizio negativo sulla politica (sono tutti uguali) facendo venir meno una caratteristica distintiva del centrosinistra; c) l’attitudine al trasformismo soggettivo o collettivo. Un “via vai” che raggiunge il culmine con formazioni ad insegna fungibile (c’è ne è sempre pronta una nuova) con prestigiose funzioni pubbliche costrette (?) nelle vesti imbarazzanti di ospiti chiamati a magnificare replicate, plurime inaugurazioni; d) la mancanza di pudore svelata dalla condizione di chi rappresenta un partito in Consiglio e non fa mistero di raccogliere voti per un altro. Il Pd ha il dovere di sciogliere queste contraddizioni. In modo unitario. Ai possibili detrattori di queste riflessioni, a chi consiglia quella prudenza che lentamente asfissia, agli iscritti al partito del tirare a campare voglio ricordare che non ho proposto soluzioni. Ho solo evidenziato contraddizioni. Il riscatto sarà possibile solo se la ricerca delle soluzioni vedrà protagonisti tutti o almeno i più. Questo voto cambia tutto, azzera vecchie analisi ed ambizioni, costringe l’intero centrosinistra ad un approccio nuovo. Nessuno può disertare questa missione, a meno che non si voglia essere complici della lenta agonia del Pd e del centrosinistra. E’ un film già visto. A Roma (con Mastella e con la sinistra irragionevole), a Napoli (con De Mita e l’Udeur): lento logoramento e successiva separazione. Nel caso dei centristi, passaggio nel campo avverso. Qui non deve accadere. Il Pd (ma anche IdV, la SEL, la sinistra radicale, altre formazioni non organiche al centrodestra) deve assumersi la responsabilità, accantonando vecchie contrap-posizioni, di ristabilire coerenze, di ridare dignità alla politica ed all’impegno civile. Dobbiamo rilanciare, non arrenderci, combattere, non assistere, valorizzare il progetto del PD e del centrosinistra e non farci irretire dai maghi della menzogna, dai professionisti della clientela, dagli usurati dispensatori di lusinghe. L’impegno politico è una cosa seria, da vivere tra la gente, al di là del risiko delle funzioni, delle alchimie, dei giochi di palazzo. LELLO RICCIARDI