A cura della Redazione

Pubblichiamo la lettera, a firma di Luciano Donadio, candidato sindaco nel 2012 per la lista Insieme per Torre, ed impegnato attivamente nel Sociale, sull'arresto, avvenuto alcune settimane fa a Torre Annunziata, di un 16enne che aveva con sé una pistola.

Donadio ha inviato la missiva ai sindaci della città oplontina, Giosuè Starita, al collega Luigi de Magistris, primo cittadino di Napoli, al giudice del Tribunale per i Minorenni di Napoli, al referente oplontino di Libera, Michele Del Gaudio, e a Carmela Sermino, presidente dell'Osservatorio comunale per la Legalità di Torre Annunziata. Le sue sono parole che racchiudono una profonda amarezza ma, allo stesso tempo, intrise di speranza incrollabile che le cose possano finalmente cambiare. Per costruire per i giovani torresi a rischio un futuro libero dalla camorra.

 

Quando i riflettori si accendono per l’arresto di un giovanissimo della mia città (Torre Annunziata) e soprattutto del mio quartiere, il cuore si intristisce per molto tempo.

L’esperienza  di oratorio, fatta per un decennio nel posto più degradato della città, mi ha insegnato a leggere negli occhi di tanti giovani, ragazzi e bambini, l’infelicità. La povertà di cultura, di affetti infranti per i genitori in galera, di condizioni economiche disastrate, il menefreghismo perbenista e la camorra deviano facilmente la ragione, conducendo molti di loro per sentieri oscuri. La prevaricazione “con la pistola” è una cultura.

Ecco allora che capita in poco tempo l’arresto di M. P., e per il quale mi sono espresso circa due mesi fa, e quello di I. G., minorenne. In quest'ultimo caso, il motivo, detenzione di arma da fuoco, lo fa apparire subito agli occhi della città assopita come un presunto killer. Ma io sono amico di camorristi?

Il cuore salesiano mi porta a delineare una visione più ampia del “fatto”, dell'“accaduto”, la ricerca di risposte concrete alla maniera di Don Bosco, che ti fa stringere un rapporto di fiducia con il giovane, tanto da scommettere insieme per il bene.

I. G., nell’estate 2014, in un percorso formativo di campo estivo, guardava con me una scena del film su Don Bosco (con Flavio Insinna), che raccontava la carcerazione e poi la condanna a morte di un giovane che ammazza per una rapina. Abbiamo approfondito fino  a notte inoltrata, convincendoci che le strade sbagliate ci “condannano “ (anche quando la vita è sacrificata).

Nei pomeriggi di quella settimana di campo scuola era solito al ritorno dal mare raccogliere fichi, li preparava con cura in un piatto e poi diceva: «Vedi come mi metto a disposizione?». Ed io rispondevo: «Fai il tuo dovere».

Di certo voleva rendersi utile e ricambiare un “favore”  che gli avevo fatto. Sì, perché I. G., durante l’anno oratoriano, il campo scuola non lo aveva meritato. Non tanto per la disciplina bensì per la saltuarietà di frequenza. Oggi penso che quando sta per addormentarsi  nella camera della casa famiglia di Monte Corvino Rovella, I. G. ricorda quelle giornate, le  esperienze di cinque anni di oratorio che l’hanno visto anche aiutante animatore e “capo degli arbitri” per le attività di "estate ragazzi".

Da circa un anno non coordino più le attività oratoriane presso la parrocchia della Madonna della Neve, perché dedito alla ricerca di lavoro nel sistema cooperativistico per giovani a rischio, per quelli che non sono raccomandati da nessuno, affinché il sudore possa degnare la loro vita. E’ difficile, ma per chi rende testimonianza cristiana non può che offrire motivi di speranza. Signor Giudice, tenga conto in seguito di questa umile lettera. Lo Stato, le Istituzioni civili e religiose, quando non riescono a dare risposte concrete, generano condizioni di soprusi e di violenze che altrove hanno nomi diversi, dalle nostre parti si chiamano camorra!

L’appello lo rivolgo a tutti voi (riferendosi ai destinatari della lettera, ndr): dateci una mano!

Luciano Donadio

Salesiano Cooperatore/ex allievo Don Bosco