A cura della Redazione
È tornato il silenzio nel cortile vanvitelliano della Real Fabbrica d’armi a Torre Annunziata. Si sono spente le luci della ribalta dopo l’Evento speciale teatro Gea Martire ne “La storia di G. e G.” , soggetto di Maria Grazia Rispoli, regia di Mariano Lamberti. Uno spettacolo in anteprima nazionale che chiude alla grande la rassegna “Oplonti Regale. Alla corte del re”. Le muse oplontine, risvegliate da silenzi ancestrali, erano tutte presenti per l’evento atteso dai cittadini torresi che hanno visto Gea Martire muovere i primi passi di attrice sul palcoscenico del teatro dei Salesiani. E poi hanno seguito i suoi successi nei grandi teatri nazionali, nel cinema, nella televisione. Una vera diva che vanta con orgoglio i suoi natali nella città di Torre Annunziata, nella zona sud, il Carminiello, dove tuttora abita la sua famiglia. E si è formata qui, Gea, in questa grande scuola di teatro e di vita che è stata per molti giovani l’oratorio dei Salesiani. «Noi abbiamo molti motivi per esserne orgogliosi - dice l’assessore Maria Elefante -. In quest’ultimo periodo, da quando l’assessorato alla cultura al turismo e allo spettacolo è retto da me, è tornata più volte da noi e ci ha regalato momenti di grande spettacolo. Ricordo l’evento speciale cinema della rassegna “La parola filmata: dal romanzo al film”, con la sua presenza al Circolo Professionisti e Artisti per la proiezione del corto scritto, diretto e recitato da lei, “La grande menzogna”, sulla vita di Bette Davis e Anna Magnani. Poi ha recitato ben due volte negli scavi di Oplonti per la serie “Raccontami”, insieme con Mimmo Esposito, una piéce teatrale scritta da lei, “I due mondi”. È un’attrice ed una donna eccezionale. La sua presenza a Torre Annunziata assume un valore simbolico per i giovani torresi. Mostra che quando si ha talento e volontà si può tutto. Con l’impegno e la professionalità si può avere successo anche partendo da Torre Annunziata, da questa città che offre così poco ai giovani». L’assessorato alla cultura sta cercando di avvicinare i giovani alle istituzioni anche con lo spettacolo. Lo abbiamo visto sabato 4 luglio con Peppe Barra e domenica 5 luglio con Tony Tammaro. La presenza dei giovani è stata massiccia. Cantavano felici, trascinati dai big della canzone napoletana, dimentichi della curva di via Gino Alfani e del caos quotidiano che rende questa città disumana. Così anche per la sezione “Tersicore Oplontina”, che ha visto la platea gremita per assistere agli spettacoli di danza offerti dalle scuole di Torre Annunziata. L’Assessorato alla cultura si propone di incoraggiare gli artisti torresi che portano in alto il nome della città. Ha puntato molto sullo spettacolo di Gea Martire ed i risultati si vedranno a lungo termine. «Se esiste questo spettacolo - afferma Gea Martire dopo il lungo scroscio di applausi finale - lo devo a Maria Elefante. E’ stata lei a spingermi a metterlo in scena dopo aver letto il racconto. Ed io lo dirò sempre in tutti i teatri d’Italia, dove replicherò lo spettacolo. Grazie alla città di Torre Annunziata!». “Della storia di G.G.” è un’opera di Maria Grazia Rispoli. Studiosa di lingua francese e traduttrice di opere dall’italiano al francese, ha scritto solo alcuni racconti mai pubblicati. Rielaborato in struttura di monologo teatrale, Gea Martire ricostruisce in prima persona, conservando l’immediatezza dell’ “hic et nunc”, quello che accadde quando la donna, protagonista della vicenda, ritornò al suo piccolo paese d’origine, in Campania, per la morte del padre. Il dolore di una persona che ha sempre amato l’indipendenza e i viaggi, da molti anni trasferitasi per lavoro e per scelta nelle Marche, è un dolore che la rende improvvisamente incapace, smarrita, la fa sentire piccola quando si trova a salutare per l’ultima volta il genitore amatissimo, lei, unica, amatissima figlia. Ma l’arrivo di Gennaro Gargiulo, l’impresario delle pompe funebri, chiamato ad organizzare il funerale, sconvolge il suo stato d’animo: è un improvviso, inaspettato, imbarazzante colpo di fulmine; il classico, incredibile amore a prima vista che, irrispettoso e dispettoso, si manifesta proprio quando non è né atteso né desiderato. La passione s’intrufola nel dolore e lo scompiglia, un violento desiderio accende il cupo colore del lutto. Le tristi incombenze necessarie ad accompagnare un defunto alla sua estrema dimora, si trasformano d’improvviso in auspicate occasioni d’incontro desiderate, attese con trepidante impazienza. Segni inequivocabili lasciano intendere che anche l’uomo delle pompe funebri è stato colpito da forte passione, ma nessuno dei due si sbilancia, nessuno si decide a fare la prima mossa, troppi impedimenti: lui da tempo ha una fidanzata con progetti di matrimonio, lei ha una relazione anche se con accenni di crisi, il paese è piccolo e molto “attento” alle faccende altrui infine, e soprattutto, lei ha 15 anni più di lui. Ma, ciò nonostante, dopo il funerale e la partenza di lei, cercheranno altre occasioni d’incontro: per esempio il trigesimo della scomparsa del padre è atteso con tale ansia che sembra non arrivare mai. Lei, tornata ancora una volta al paese, tiene d’occhio i funerali nella speranza di incrociare l’uomo dell’unica agenzia di pompe funebri, augurandosi che il tasso di mortalità nel paese registri un’improvvisa impennata durante la sua permanenza. Allarmata da questi auspici a dir poco spietati e assolutamente da bandire, decide di rompere ogni indugio rivelandogli in una lettera i suoi sentimenti. Dopo averla letta, anche lui dichiara la sua passione e, finalmente, prima del nuovo rientro di lei nelle Marche, riescono a combinare un incontro e a gettarsi uno nelle braccia dell’altra. Ma il tempo a loro disposizione è breve, troppo breve, lui promette di raggiungerla appena possibile. E questa volta il tempo è lungo, troppo lungo, passa e lui non si fa vivo. Lei comincia a pensare tutto il male possibile, tutto quello che una donna è in grado di pensare quando si sente ingannata da un uomo. Finché saprà che lui, dopo il loro unico incontro, tornando a casa, è morto in un incidente stradale. E, così, il cerchio si chiude. EMANUELE SOFFITTO