A cura della Redazione
La magia della maglia bianca. Quella gloriosa casacca a cui ogni torrese ha riservato un angolo del proprio cuore. Per sempre. La magia della maglia bianca si è rinnovata, come in una replica teatrale, domenica scorsa al Giraud che, per l’occasione, ha indossato il vestito buono, dopo anni vissuti con inguardabili brandelli di stracci. Una parte della città ha risposto all’appello lanciato dalla neonata società. E lo ha fatto in misura imponente affollando come da anni non avveniva la tribuna del comunale: oltre duemila spettatori. Cifre impensabili per la categoria (Promozione), ma la lettura di questo dato prevede un discorso più ampio senza limitarsi a semplicistiche considerazioni. Non conta l’irrisorio costo del tagliando d’ingresso (3 euro) o l’apertura dei cancelli decisa di concerto tra società e forze dell’ordine dopo che la scorta dei biglietti era andata esaurita. E qualche attento osservatore potrebbe anche aggiugere la sosta del campionato di serie A con i palinsesti dell’offerta pomeridiana televisiva privi delle partite di pallone. Al di là di qualsiasi congettura, i presenti allo stadio hanno trasmesso un messaggio chiaro e forte: non siamo più disposti ad attendere il mecenate di turno, il progetto faraonico, gli illusionisti di professione per rivedere di nuovo la casacca biancoscudata in campo. E’ sufficiente anche la “Promozione”, purché contribuisca a far scrivere da subito nuove pagine della ultracentenaria storia del calcio a Torre Annunziata. Fin qui il ragionamento può sembrare lineare, coerente, uniforme, ma la realtà ci impone di registrare altre ferme e decise opinioni che contrastano con la teoria appena enunciata. Per chi ha disertato il Giraud domenica scorsa, Pino Caiazzo e i suoi soci “dovevano e potevano” proseguire il percorso intrapreso dieci anni fa denominato Atletico Savoia e che identificava il sodalizio come seconda squadra di calcio cittadina. Un progetto sportivo interessante e meritorio che coinvolgeva anche il sociale in un territorio dalla quotidianità complessa ed articolata e che assumeva i connotati di un’idea oggettivamente lungimirante ed opportuna. La trasformazione in Asd Calcio Savoia, i vecchi, nostalgici tifosi l’hanno vissuta come un affronto, un oltraggio alla storia calcistica della città intravedendo nell’operazione un dominio di finalità speculative che offuscavano quelle dichiarate del cuore. Per molti sportivi torresi il Savoia poteva anche non scendere in campo per un’altra stagione agonistica e non era necessario riempire a tutti i costi quella casella lasciata desolatamente vuota da un manipolo di incompetenti (eufemismo) quasi un anno fa. Secondo questi convinti conservatori, Caiazzo si è affrettato a concludere un “affare” che ha per oggetto del contendere un “bene” che non poteva essere negoziato senza il preventivo processo di condivisione collettiva. Un iter al quale il massimo dirigente dell’ex Atletico si è abilmente sottratto, impiegando il tempo a recuperare consensi trasversali soprattutto tra le istituzioni. Effettivamente il presidente ha mostrato evidenti segni d’insofferenza proprio quando il nostro giornale ha tentato di far luce sulle parti nebulose di questa storia. Per carità, Caiazzo si è affrettato a condannare subito il “trattamento intimidatorio” al quale è stato sottoposto il nostro collaboratore dopo la pubblicazione della sua intervista, ma poi non ha contribuito granché a cercare di far metabolizzare il “suo” progetto a quei concittadini che al momento hanno deciso la domenica di restare davanti alla TV. Al Giraud, nella gara di Coppa Italia contro l’Internapoli, erano presenti anche molti curiosi. Quelli, per intenderci, che vogliono formarsi un’opinione senza condizionamenti. Gli stessi che, con la testa concentrata “solo” sul rettangolo di gioco, hanno contribuito al boato da brividi dopo il gol di Balzano. Se l’Asd Calcio Savoia intende davvero catturare l’attenzione e l’interesse generale della città, dovrebbe mostrare maggiore disponibilità al dialogo e al confronto democratico nonché acquisire una dose consistente di umiltà. Non crediamo si tratti di propositi così utopistici da realizzare. Basta ricorrere alla mediazione della “magica maglia bianca”. GIUSEPPE CHERVINO (dal periodico TorreSette di venerdì 10 settembre)