A cura della Redazione
La prematura scomparsa di Peppe Vianello ha lasciato tutti attoniti, sportivi e non. La redazione di TorreSette e torrsette.it si stringono attorno alla moglie Marinella e ai figli Denise, Livio e Daniele. Per onorare la memoria del funambolico calciatore e dell’immenso uomo, ospitiamo il ricordo scritto dall’amico Vincenzo Pinto, decano dei giornalisti sportivi torresi. Jeans, maglietta, giubbino e la tracollina di tela sotto una cascata di lunghi capelli biondi. Il tutto racchiuso in poco più di un metro e mezzo di statura. Un pomeriggio dell’estate 1977: come sempre io ero là, nel piazzale dello stadio. Alla ricerca più che di notizie, dei volti di nuovi calciatori in arrivo. Di Peppe Vianello mi affascinò subito la caratteristica parlata veneziana. Era di Pellestrina, nota isoletta di pescatori immersa nella laguna. Da quelle parti proveniva anche Grion, gigantesco terzino del Savoia fine anni ’60. L’allora presidente Franco Immobile, definito l’ingaggio di Peppe, si lasciò andare ad una delle sue solite battute, riferendosi ovviamente all’altezza: “Ho preso solo la metà di Vianello…”. Appena uscito dalla sede mi avvicinai a Peppe, gli strinsi la mano. Aveva l’aria un po’ spaesata, ci incamminammo, pensai di fargli conoscere un po’ Torre, il nostro mare. E così trascorremmo qualche ora a Via Gino Alfani che al quel tempo non brulicava certo di motorini impazziti come oggi. Divenni amico di Peppe, lui ci mise poco a familiarizzare con l’ambiente, fino a diventare torrese d’adozione per aver messo radici e famiglia nella nostra città. Cominciò ad incantarci in campo con le sue veroniche, i suoi scatti da centometrista, le fughe sulla fascia e gli avversari lasciati sul palo. Un repertorio di numeri che ben si conciliavano col carattere gioviale e scherzoso fuori dal rettangolo di gioco. Quante sfide, quanti derby vinti nel segno di Vianello! La combriccola coi compagni di squadra del tempo, Peppe Cafaro, Gianni Bacchiocchi, Danilo Pierini era un divertimento degno di Zelig. Un supertifoso dell’epoca, Mimì Imperatore, il noto “cacaglio”, aveva per Peppe una predilezione particolare, fino a diventarne una sorta di padre putativo. Nelle sue originalissime formazioni, non sapendo pronunciare i cognomi per congenite difficoltà espressive, lo definiva “‘o cutt, chillo ca fa ‘e sciruppat” (il corto, quello che fa le sgroppate). Le sue reti più belle, i dribbling più ubriacanti che facevano impazzire gli avversari e divertivano i tifosi, sono riconducibili ai tanti episodi legati alla sua lunga milizia in maglia bianca. Smessi i panni di calciatore, non ci siamo più persi di vista. Quando ci incrociavamo lungo il Corso, mi accorgevo che era diventato ormai un torrese a tutti gli effetti. Peppe aveva mutuato anche le sfaccettature più impenetrabili del nostro dialetto, reso ancora più simpatico e musicale dall’imperdibile inflessione veneziana. A 52 anni se n’è andato all’improvviso, senza alcun preavviso. In silenzio, così come era arrivato 30 anni fa, lasciando moglie figli e tanti amici sinceri. Addio, Peppe. Ci hai dribblato tutti, con un gol che non avremmo mai voluto vedere. VINCENZO PINTO