A cura della Redazione
Il Partito Democratico al bivio Sono stato un ulivista della prima ora. Ho fondato, insieme ad altri compagni del Partito Democratico della Sinistra, nel ‘97, la prima area ulivista a Torre Annunziata, quando tutti credevano (o auspicavano) che l’Ulivo fosse morto. L’anno dopo abbiamo costituito il Movimento per l’Ulivo, insieme ad altri esponenti del mondo politico che provenivano da diverse esperienze. Infine, nel ‘99, tanti di noi abbiamo dato vita ai Democratici, il primo esperimento di partito riformista nella nostra città, che vedeva uniti, in un unico soggetto politico, rappresentanti dell’area di sinistra, di quella laica e di quella cattolica progressista. E gli elettori apprezzarono e premiarono quel progetto con l’elezione (non subito, perché subentrò in un secondo momento) di un consigliere provinciale e, nel 2000, di ben cinque consiglieri comunali. Era, insomma, il Partito Democratico “ante litteram”, di proporzioni più ridotte ma che già anticipava lo scenario politico a cui abbiamo assistito, addirittura, otto anni dopo, quando con le primarie è sorto il Pd torrese dall’unione di Ds, Margherita, esponenti di altri partiti e rappresentanti della società civile. Un Partito Democratico che, però, stenta a decollare, perchè è diviso in due tronconi (da un lato i sostenitori dell’amministrazione, dall’altro i dissidenti verso la giunta) e perchè è stato persino commissariato per varie vicende (tra cui quella delle primarie). Ora a gestirlo è un deputato del Pd, un ulivista della prima ora a livello napoletano, regionale e nazionale: l’onorevole Aldo Cennamo. La sua sembra quasi una “mission impossible”, perchè deve dare una forte identità all’immagine appannata del neonato partito e trovare una difficile sintesi tra due anime che hanno non solo opinioni politiche e programmatiche diverse, ma che devono anche superare diffidenze e risentimenti che risalgono a qualche anno fa. L’auspicio e l’augurio dei riformisti torresi è che ci riesca, che restituisca al Partito Democratico l’unità perduta e lo faccia essere all’altezza del ruolo che gli spetta, quello di motore del rinnovamento per la rinascita economica, sociale e culturale della nostra città. Purtroppo le vicissitudini del Pd torrese le ritroviamo, uguali o in forme diverse, anche in altre realtà territoriali per contrasti sul tesseramento, per proposte contrapposte su tante questioni, per la difficile convivenza tra ex Ds ed ex Margherita che in alcuni casi ha portato a mini scissioni dal Pd. E non diversa è la realtà a livello nazionale, dove i problemi sono altri ma anche più importanti, con la divisione sotterranea, e a volte palese, tra “dalemiani” e “veltroniani”, e poi tra chi vuole l’alleanza con l’Italia dei Valori e chi preferisce quella con l’Udc, tra chi pensa di recuperare un rapporto con i comunisti e chi invece intende chiudere definitivamente con loro tra chi punta al Pd del nord e chi rifiuta questa scelta, tra chi vuole un’opposizione più intransigente nei confronti del centrodestra e chi invece vuole dialogare con esso almeno su alcune riforme “bipartisan”, tra chi vuole l’adesione al Partito Socialista Europeo e chi, al contrario, preferisce guardare e schierarsi più al centro o, almeno, su una posizione più autonoma rispetto al Pse. Insomma il Pd è attraversato da incertezze, tensioni e divisioni che minano alla base la sua forza e la sua capacità di rappresentare una grande innovazione nel panorama politico italiano. Eppure ciò è avvenuto nelle ultime elezioni politiche, anche se c’è stato qualche errore nell’impostazione della strategia politica ed elettorale da parte di Veltroni (l’aver accolto all’interno del Pd i radicali ha alienato, al neonato partito, le simpatie di parte del mondo cattolico; il “correre da solo” del Partito Democratico ha condotto verso una sicura sconfitta il centrosinistra). Ma, oramai, la situazione è quella attuale: il Pd è all’opposizione in Parlamento insieme all’Italia dei Valori; la sinistra socialista e comunista, i Verdi e l’Udeur non sono presenti né alla Camera dei Deputati né al Senato, Berlusconi ha un’ampia maggioranza per governare l’Italia. Ora la palla è ancora nell’area del Pd che si trova di fronte ad un bivio: o riesce a risolvere i suoi problemi interni, a stabilire una nuova linea politica di alleanze, a definire la sua collocazione unitaria a livello europeo, oppure dovrà prendere atto che il progetto del Pd è fallito perchè realizzato in ritardo e in uno scenario diverso da quello di qualche anno fa. Se si dovesse avverare questa seconda ipotesi ci sarà allora chi proporrà un ritorno al passato, puntando sulla scomparizione e ricomposizione del centrosinistra, con la nascita di un partito della sinistra riformista (che veda uniti ex Ds, socialisti, Verdi e parte dei comunisti che abbandonano l’area estremista) e di un altro del centro moderato (che raccolga ex Margherita, Udeur e Udc), due gambe di un nuovo centrosinistra per vincere le prossime politiche. A questo punto anche l’Italia dei Valori dovrebbe fare la sua scelta di campo e decidere a quale delle due gambe aderire. Si semplificherebbero, così, ancor più gli schieramenti politici, con il Popolo della Libertà e la Lega sul versante del centrodestra e con i partiti della sinistra riformista e del centro su quello del centrosinistra, con la destra e i comunisti di estrema sinistra emarginati. SALVATORE CARDONE