Se l’intenzione del sindaco di Torre Annunziata, Giosuè Starita, era quella di far cominciare il nuovo anno con un silenzio simbolico che stimolasse una riflessione collettiva sulle colpe (pubbliche e private) dei singoli torresi, diciamo subito che è miseramente fallita. L’ordinanza che in extremis ha introdotto il divieto dei fuochi di fine anno passa alla storia cittadina come la norma più disattesa di sempre, forse pareggiando la legge (ancora più giusta) che vieta la vendita delle sigarette di contrabbando.

Io quel divieto l’ho rispettato, ma devo confessare che la tentazione di trasformarmi per una notte in obiettore di coscienza l’ho avuta. Invece me ne sono rimasto a guardare le batterie pirotecniche che - credevo legittimamente, da rivenditori autorizzati - avevo acquistato in anticipo: sono rimaste lì, nei loro scatoli con le promesse di giochi di luci spettacolari, mentre tutto intorno pareva che l’ordinanza venisse interpretata come un invito a far esplodere ogni cosa a portata di mano. Se dicessi di essermi sentito un fesso per aver rispettato la legge, farei torto a tutta la mia storia personale, ma ho vissuto comunque la più triste notte di Capodanno della mia vita.

A me i fuochi d’artificio piacciono da impazzire, così come odio i botti che producono solo insostenibile rumore: concentrerei forze ed energie per stanare produttori e acquirenti delle varie bombe, da Maradona a Higuain, che - soprattutto in tempi di guerra come questi - evocano terrore, provocano danni inaccettabili alle persone e non dispensano gioia. Contro queste fragorose manifestazioni di inciviltà si può fare di più; è efficace la strada scelta dell’educazione con le benemerite missioni degli artificieri nelle scuole a spiegare gli insostenibili rischi dei petardi sempre più simili a bombe. Apprezzerei anche l’organizzazione di spettacoli pubblici di fuochi d’artificio, finanziati con il contributo libero della cittadinanza. Ma il divieto senza preavviso, no.

Il 31 dicembre in casa mia si consuma (o si consumava) quasi un rito con le giovani generazioni familiari iniziate a questa passione pirotecnica sempre circondata da tutte le cautele possibili. Pensare che tutto questo sia finito così, senza che ci si possa essere preparati all’idea, genera tristezza, come la fine di un’epoca.

Ecco perché io quell’ordinanza, che pure ho rispettato, proprio non l’ho condivisa. E ho deciso che il 2015, nella mia piccola famiglia, duri due giorni in più. Così il 33 dicembre, fuori dal periodo di vigenza del divieto, appena calerà la luce, darò fuoco alle mie batterie. Non sarà la stessa cosa, qualcuno mi prenderà per matto, ma io il 2016 voglio salutarlo così. Buon anno a tutti, anche al mio amico Giosuè.