La voglia di ricominciare c’è, le condizioni generali sembrerebbero pure favorire una ripresa che non risulti confinata in impercettibili punti decimali, e che non sia limitata solo agli americani. Magari transiterà dalle nostre parti, qualche promessa da mantenere il 2015 lo consegnerà al nuovo anno.

Ma, nonostante molti indizi siano favorevoli alla risalita, stavolta l’impresa è davvero molto più difficile da realizzare. Come lo sarà provare a essere tutti insieme più ottimisti su un futuro eternamente avvolto in troppe incertezze. E in questo caso Torre Annunziata vivrà la stessa condizione del resto del mondo.

Da quel maledetto venerdì sera a Parigi, un’inestirpabile paura ha preso tutti: si legge benissimo nei volti dei passeggeri in fila negli aeroporti, finanche nelle piazze affollate dei mercatini natalizi. Non ne parla quasi più nessuno, eppure quel silenzio imbarazza quanto una verità non detta e solo fortemente temuta. Confesso che io personalmente non mi sono ancora pienamente riavuto: basta una sirena a scuotermi, a far scattare un nuovo allarme nella testa. Non credo il mio sia un caso isolato, parlarne comunque aiuta a reagire.

Lo ripeto per primo a me stesso: non possiamo arrenderci, non possiamo farci condizionare la vita da chi non ha alcun rispetto per la vita, neanche per la propria. Ecco perché ho scelto che per la mia famiglia dovrà essere un Natale come gli altri, come quelli che hanno seguito i momenti meno felici. Da vivere a Torre, naturalmente. Le Grandi Paure collettive che quelli della mia generazione hanno vissuto sono state due: la prima nel 1980, l’anno del terremoto, quando sembrò che il mondo ci fosse crollato addosso; e poi il 2001, dopo l’11 settembre, quando la catastrofe arrivò in diretta tv con le torri newyorchesi attraversate come fossero di cartone. Ricordo perfettamente che fu proprio Natale a restituire provvidenzialmente un po’ di ottimismo a una popolazione eternamente in tensione. 
Succederà ancora, ripetiamolo fino alla noia per convincercene. Di solito funziona, ha sempre funzionato.

Deve averlo pensato anche Papa Francesco con la sua sfida dell’Anno Santo e dell’apertura della Porta Santa. Non occorre essere cattolici praticanti e osservanti per apprezzarne il coraggio e riconoscere la sua straordinaria leadership che supera i confini della Chiesa. Abbiamo bisogno di credere in qualcuno e in qualcosa, dobbiamo affidarci a capi eccezionali per uscire da situazioni che ritenevamo ormai non replicabili. Solo così, l’impresa resterà sempre difficile, ma non più impossibile. 

Buon Natale a tutti.