A cura della Redazione
Confesso che per me l’imbarazzo nel vedere in tv certe immagini di Torre Annunziata è doppio: faccio questo mestiere, cerco di raccontare (e di far raccontare) per immagini le cose di questo mondo, e spesso sono cose brutte. Quando queste bruttezze appartengono al mondo dal quale provieni, il dolore è ancora più grande, anche se il reportage lo ha filmato e messo in onda un’altra tv. Il servizio proposto da Piazza Pulita (La7, lunedì sera) ha messo a nudo una città, vista dall’alto ne ha illuminato l’assurdo. Tutti sappiamo che cosa è il Quadrilatero delle Carceri, tutti siamo passati per quei vicoli. Ma vederli in tv ridotti in condizioni che vanno oltre la fatiscenza, procura anche in noi un senso di vergogna. Per quello che non è stato fatto, negli anni, nei decenni. Non sono danni recenti, ma molto datati: il terremoto dell’80, lo scoppio dei vagoni ferroviari; i crolli degli ultimi mesi sono solo l’ultima ferita inferta a un rione che troppo presto è stato consegnato a chi si è solo preoccupato di blindarlo per renderlo un fortino inaccessibile alle forze dell’ordine. Così ce ne siamo dimenticati tutti, amministratori e cittadini, tralasciando il particolare che in quei palazzi pericolanti vivono persone, uomini e donne che hanno voglia di vedersi restituita un’esistenza normale, o che almeno sfiori la normalità. L’avete visto (e se non l’avete visto, cercatelo sul web): i ragazzi, soprattutto loro, sognano la fuga: scappare sembra l’unica soluzione, ma spesso arriva il passaggio sbagliato e tutto finisce ancor prima che sia cominciato. Il calcio, la ricchezza attraverso il divertimento, è in cima ai pensieri di chi pensa che a scuola si perda solo tempo. Ma qualunque cosa va bene se fatichi a riconoscere le giornate, se venti euro a settimana sono considerati una paga e non un’elemosina. “Renzi manco lo sa che esiste questo paese”: è stata la conclusione amarissima di quella parentesi che una televisione nazionale aveva dedicato a Torre Annunziata: nelle parole del nostro concittadino tutto il senso di sfiducia vero chiunque rappresenti l’istituzione. Fa nessuna differenza tra lo Stato, il Governo centrale o quello periferico; chi vive bel oltre la precarietà non crede più a nessuno, non c’è nulla che possa rassicurarlo, meno che mai le promesse. Non arrivano più neppure quelle, siamo stati ridotti a simbolo della sconfitta. MASSIMO CORCIONE