A cura della Redazione
Un’estate da dimenticare, nonostante tutto. Non è la prima, ma la serie s’allunga maledettamente per noi torresi. Il mare tornato insopportabilmente sporco e la città vecchia che crolla sono le ultime due immagini che resteranno nella memoria, azzerando quel di buono era stato comunque raggiunto dopo anni di mortificazioni: avevamo riconquistato spazi dimenticati, la zona degli stabilimenti balneari di sera non è più luogo per appuntamenti clandestini, ma si è popolato di bar, ristorantini e persino di discoteche troppo severamente contestate. Insomma eravamo diventati una città di mare quasi normale. Mancava solo il porto, da sistemare per il traffico commerciale e per la nautica da diporto, e il gioco sarebbe stato quasi fatto. Mi accorgo di aver abusato dell’avverbio quasi, ma è quello che rende meglio l’idea della nostra condizione: c’è sempre un quasi che ci separa da una certezza. Però (detto senza quasi) adesso ci siamo stufati. E non conta sapere di chi sia la colpa: quella melma maleodorante che s’è formata sotto l’Oncino il giorno dell’addio formale all’estate è una vergogna immeritata, come l’immondizia che le correnti, per molti giorni di questa breve estate, hanno trascinato fin sulla spiaggia. Alla faccia di tutte le dichiarazioni di balneabilità, di tutte le attestazioni di affidabilità dei dati regionali: documenti ufficiali che cozzano con la realtà di un’acqua sporca al di là di ogni ragionevole dubbio. Al mare non possiamo rinunciare: perché Torre Annunziata da sempre vive distesa (o addormentata?) su sette chilometri di costa e perché tutte le nostre emozioni sono sempre state filtrate dall’azzurro delle onde. Vedere ora quel colore trasformarsi in verde marcio ci umilia. Non può esistere una classifica dei brutti ricordi consegnati all’album di questo stregato 2014: i crolli nel quartiere delle Carceri come sconcio non sono secondi a nessuno. In quei muri non è nascosta solo parte della nostra storia, ma anche i mali che affliggono la città. Quell’area va riconvertita, non restaurata. Soprattutto va restituita ai cittadini: è una parte di Torre agonizzante che può essere ancora salvata, restituita alla vita e alla legalità. Abbiamo bisogno di credere nel futuro, non solo di cullarci in un passato che pare sempre dorato. Del passato occorre aver consapevolezza, come lo abbiamo di quella doppia finale scudetto giocata dal Savoia contro il Genoa degli invincibili. Di quell’appuntamento abbiano letto tutto: dei giocatori genoani (e della Nazionale di allora) accompagnati dalla stazione al campo Oncino in carrozzella, al sogno impossibile svanito il 7 settembre del 1924. 90 anni oggi che il Savoia ha riconquistato la terza serie nazionale. Il miglior modo per onorare la storia, in questa estate da dimenticare.