A cura della Redazione
Oltre l’indignazione spesso è difficile andare. Ci si ferma su una notizia che colpisce la pancia più che la testa e non si va più in là. La voce diventa coro, prima composto poi assordante, confuso, incomprensibile. E’ il percorso che puntualmente battono le informazioni – a volte parziali, a volte semplicemente inesatte – sul nostro patrimonio archeologico. La destinazione degli Ori di Oplonti, la concessione della villa per un catering di lusso sono diventati argomenti da forum. Bisogna compiacersi di tanta partecipazione, si deve pure solidarizzare su posizioni che sembrano partire dal buonsenso e non dalla voglia di rivolta. Tutto perfetto, se la consapevolezza e la conoscenza di una simile ricchezza fossero tanto profonde da innescare perfino la nascita di un movimento per la difesa e lo sviluppo del tesoro di famiglia. I numeri nascondono scomode verità: vi prego di annotare il numero di biglietti staccati dal botteghino degli Scavi ogni giorno. Cifre assolutamente irrisorie, poche decine a settimana, costruite sulle benemerite presenze di stranieri attratti dalle loro guide che segnalano bellezza e pericoli del luogo. Ma quanti torresi visitano il Sito, quanti lo hanno visitato almeno una volta nella propria vita? Pochi, pochissimi, anche se un censimento da qui in avanti sarebbe interessante da organizzare. Quanti hanno invitato un amico, un collega, un lontano parente a trascorrere qualche ora mirando e rimirando le testimonianze di due millenni fa? Non pensiate che voglia star qui a fare il professorino che tutto sa di Oplonti, che onora quel santuario laico ogniqualvolta passa per Torre; no, anche io sono tra quanti hanno solo un ricordo, ormai lontano, di quei capolavori. Il cesto di fichi mi accoglie ogni sera al mio rientro a casa. E’ un’interpretazione del professor Maiorino, artista di formazione torrese prestato da più di mezzo secolo a Milano. Abitiamo a pochi metri di distanza, ma l’incontro fu assolutamente casuale e immediato fu l’incantesimo che quei soggetti, dipinti su piccoli quadri, produssero in me. Ma, con tutto il rispetto per il Maestro, il contatto visivo con l’originale è tutt’altra cosa, genera emozione unica. Questa è una dichiarazione d’intenti – che forse interesserà nessuno – per il prossimo soggiorno torrese. E anche uno stimolo perché lo stesso facciano altri, molti altri. Allora sì che la presa di coscienza sarà autentica, molla per una mobilitazione che meriterebbe adesione totale della popolazione, residente ed emigrata. Altrimenti saranno sempre e solo chiacchiere. Chiacchiere da forum, dove vergognoso è l’aggettivo più abusato e inutile quello che meglio rende il senso di quelle mini fatiche pseudo-letterarie. Parole che non porteranno mai oltre l’indignazione. MASSIMO CORCIONE