A cura della Redazione
Provo un misto di ammirazione e di invidia per chi fa qualcosa in favore di Torre Annunziata. Parlo di chi lo fa senza essere investito di una carica pubblica, di un ruolo istituzionale. Penso a cittadini come noi, rimasti per scelta o per caso o per popolare bocciatura fuori dalla gestione della cosa pubblica. Semplici elettori (e in molti casi neppure quello) capaci di piccoli o grandi gesti che fanno la differenza, aiutando a migliorare la città. Per esempio, invidio (e ammiro tantissimo) la testardaggine di Oscar Guidone che mobilita un accordatore tedesco per restituire alla musica il suono dell’organo ospitato nel Santuario della Madonna della neve. Il risultato è lì, fruibile da quanti frequentano la chiesa intitolata alla Protettrice di Torre. Non è importante essere laici o cattolici osservanti, è ammirevole l’esito dell’impegno profuso da Oscar che da 50 anni vive a Emmerdingen - Foresta nera, quasi al confine con la Svizzera – ma continua a fare, a fare, a fare… Tinteggia pareti scrostate, pianta fiori in aiuole abbandonate, pulisce spiagge dimenticate, soprattutto trascina dietro di sé piccoli manipoli di volontari, spesso paragonati a visionari. Li ha riuniti in un’associazione, ma non è indispensabile essere emigranti. Io sono certo che moltissimi residenti fanno tante piccole cose che di fatto impediscono il naufragio e tutti avrebbero voglia di fare ancor di più. Ma un’azione collettiva pesa moltissimo, anche quando non si protesta solo. Eccolo il verbo chiave: fare. Qui si parla e si scrive per impedire che qualcuno faccia. Si litiga pure, se necessario, ma di realizzazioni (individuali e di gruppo) se ne vedono pochissime. Ed è troppo facile addossare le colpe esclusivamente a chi ci governa. Troppe volte somigliamo a una popolazione che fa opposizione contro se stessa. Cambiamo maggioranza, ma non mentalità. L’effetto scontato sarà che alle prossime elezioni comunali sentiremo parlare di grandi progetti che da mezzo secolo ammuffiscono nella nostra memoria: il prolungamento di Via Dei Mille, la copertura della trincea ferroviaria in via Gino Alfani, la valorizzazione dell’area intorno allo stadio. Tutte novità, ormai incanutite dal tempo, di cui parlavano i nonni dei giovani d’oggi. Oscar Guidone, in quell’epoca lontana, giocava nel Savoia e inseguiva un grande avvenire con la maglia che da sempre amava. Quel sogno svanì, ma lui non ha smesso di sognare. E stavolta prova anche a realizzarlo i sogni. Un motivo in più per nutrire verso di lui ammirazione (e un po’ di invidia). MASSIMO CORCIONE