A cura della Redazione
Sarà capitato anche a voi di girare in estate per posti nuovi (o non visitati da tempo) e di paragonarli ai nostri luoghi. Nel confronto raramente ne usciamo battuti per bellezze naturali, e questa costante accresce il rimpianto quando si passa ai motivi che spesso determinano la sconfitta finale nel match che noi avremmo voluto sempre vincere. È tutta una questione di organizzazione, che parte da molto in alto. Inutile dare la colpa solo ai gestori delle spiagge in concessione, che pure hanno le proprie responsabilità. Ho girovagato un po’ per la Provenza dove convivono stili di vita profondamente diversi, dall’emulazione dei fasti della Costa Azzurra alle tendenze naturalistiche della parte più a nord. Ma sempre e in ogni modello nulla sembrava affidato al caso. Dalle tante marine in cui mettere in acqua una piccola imbarcazione è impresa alla portata di un ottantenne (visto con i miei occhi e non si trattava di un superman in pensione anticipata), al conforto che anche un piccolo capanno riesce ad assicurare a chi insegue una pausa nella ricerca dell’abbronzatura selvaggia. Una mia personalissima indagine ha identificato nelle autorizzazioni una delle differenze sostanziali. Tutto è più semplice, anche se a volte si avverte un senso di superficialità che fa un po’ rimpiangere il sistema italiano delle garanzie (anche sanitarie) poste a tutela della salute. Possibile che non esista un punto intermedio che possa far decollare anche le nostre zone? Penso ai tratti di costa che potrebbero ospitare piccoli pontili dove ormeggiare non maxi yatch, ma barchette che oggi nessuno saprebbe né varare, né attraccare. E così restiamo abitanti di una città dì mare senza il culto del mare. La piccola nautica è un’occasione sospesa (e non ancora perduta), il turismo senza che si diffonda la cultura dell’accoglienza è solo un miraggio. Di questo deve occuparsi chi governa per regolamentare e migliorare la vita di chi vorrebbe essere meglio governato. È una riflessione d’estate, non una ricetta miracolosa. A qualcosa le peregrinazioni estive dovranno servire. MASSIMO CORCIONE