A cura della Redazione
Adesso tutti dicono che era prevedibile, che il ciclone era lì che vorticava da mesi, da anni. Forse è vero, ma la forza (non violenta) che ha prodotto è stata devastante. E’ crollato un sistema, un apparato, soprattutto la certezza che esistesse un luogo dove tutto si decide senza che nessuno di noi potesse alcunché. Un italiano su quattro ha dato un taglio con il passato, ha puntato la propria fiche sul nuovo. Torre, nel suo piccolo, ha partecipato alla rivoluzione che qui assume un valore se possibile ancora maggiore, vista una storia elettorale quasi sempre dominata dall’alto. La tentazione più forte era la diserzione, il rifiuto più scontato del vecchio. Ma stavolta è stato diverso: il senso della novità più che della protesta ha preso il sopravvento; ha ipnotizzato il racconto diretto che Grillo ha fatto nelle piazze, mentre nella piazza virtuale di twitter e facebook il passaparola dilagava. Ma non è vero che il fenomeno sia esploso tutto lontano dalla tivù. La mancata presenza ai talk del leader è stata compensata dai suoi monologhi trasmessi su tutti i canali. Il pieno d’ascolti è stata la prima avvisaglia, sempre sottovalutata da chi preparava feste o cullava sogni di rimonte. Il risveglio è avvenuto nel pomeriggio di lunedì. Da allora siamo tutti un po’ diversi. Il problema nasce ora: che cosa fare? Chi governerà l’Italia? Davvero si andrà di nuovo a votare? Trovare risposta in queste primi giorni del post voto sembra impossibile, eppure è indispensabile. Sono proprio i ragazzi a essere paralizzati nelle loro aspirazioni dalla paura diffusa che ha contagiato la stragrande maggioranza delle aziende italiane, sono loro quelli che non hanno voluto più scegliere i vecchi politici, quelli che hanno votato per la prima volta, quelli che sono tornati a votare dopo anni. I sacrifici, durissimi, li abbiamo fatti, i conti sono stati rimessi in ordine, ma occorrono leggi innovative, regole che attivino meccanismi virtuosi. Nessuno più dei giovani che abiteranno questo Parlamento conosce meglio il senso di precarietà che oggi domina le loro esistenze. Sarà la loro esperienza diretta a guidare, chiunque sarà chiamato a formare un governo del quale non si potrà fare a meno. Ascoltiamoli: hanno avuto il coraggio di gridare in 140 caratteri la loro disperazione e la loro voglia di cambiare. Che non è poi così distante dalla nostra. La differenza è tutta nel coraggio, noi non ne abbiamo mai avuto tanto. Comunque vada a finire, vale il grido di sempre: FATE PRESTO! MASSIMO CORCIONE