A cura della Redazione
Quanto sono distanti Nord e Sud? Un abisso divide le due parti d’Italia, somigliano sempre più a Paesi diversi, uniti per caso più che per volontà popolare. I dati diffusi in questi giorni sono inequivocabili conferme di una separazione che invece viene spesso taciuta nelle parole (tante) spese dai leader in questa interminabile campagna elettorale. Ne parlavo con un mio amico francese, un manager che all’Università di Parigi ricordava d’aver studiato la “questione meridionale” italiana. Gliel’avevano presentata come un problema irrisolvibile, una negazione costante di qualsiasi legge economica. I suoi libri e i suoi professori raccontavano una situazione di un secolo fa. 100 anni dopo, poco o nulla è cambiato, con un’industrializzazione fallita e i tentativi di investire sul turismo troppo spesso naufragati. Ora la situazione è – se possibile – ancora più drammatica: gli indici della disoccupazione giovanile hanno raggiunto livelli che neppure nel dopoguerra erano stati toccati; anche l’esodo verso terre non più promesse continua, alimentando più illusioni che speranze. Quale futuro attende i nostri ragazzi? Non basta più chiudere la valigia e partire. L’ultima riforma sul mercato del lavoro ha generato in chi dovrebbe assumere autentico terrore. Al precariato s’è sostituito molte volte il caporalato per lavori che vengono assegnati a giornata: il modo più insicuro per programmare le proprie esistenze. E chi si vede offrire simili occasioni, deve anche ritenersi fortunato. Qualche anno fa la Lega aveva provocatoriamente proposto le gabbie salariali, esempio di come la politica viaggi a una velocità ridottissima rispetto alla realtà. Le gabbie già esistono e sono prigioni dalle quali non si evade: il livello delle retribuzioni è identico solo in contratti nazionali troppe volte disattesi o inapplicati o, più semplicemente, inattuali. Tra le proposte emerse in queste settimane, occupate più dalle alleanze che dai programmi, c’è anche quella di rifare il trucco alle nostre città: strade, edifici pubblici, scuole. Una misura facile facile che in tutto il mondo è stata spesso adottata. Poteva esserlo anche qualche anno fa e qualche disastro sarebbe stato evitabile. L’impressione è che ora possa non essere più sufficiente. Occorre un programma per legittimare lecite speranze in chi sta per scendere sul campo della vita. Quelli più adulti ricorderanno i cantieri scuola, per i quali sono passati migliaia di (allora) giovani. Ma ricchezza vera non fu mai prodotta. E’ tempo di costruire un ponte tra presente e futuro. Per noi torresi la riapertura di quello che riunisce i due tratti di via Sepolcri, oltre che una buona notizia, può essere un segnale. MASSIMO CORCIONE