A cura della Redazione
Dove finiscono le nostre colpe e cominciano quelle degli altri? La risposta nasconde l’essenza stessa della convivenza, un’arte difficilissima da esercitare. Le foto che Torresette pubblica sullo stato di degrado di alcuni angoli della città ne sono l’eloquente testimonianza. Il varco d’accesso di una scuola ostruito da un’auto parcheggiata in evidente divieto di sosta, oppure quello che era il centro delle attività commerciali di Torre Annunziata ridotto a discarica: due istantanee che aprono un anno che non potrà essere ancora solo di sofferenza. Non c’è nessun nemico che si diverte ad allestire queste cartoline della vergogna, né esiste alcun sistema preventivo che possa predisporre una rete impenetrabile per impedire che simili squallidi spettacoli possano ripetersi. E’ colpa nostra: di chi, in spregio a ogni regola di civiltà, concepisce ogni spazio fuori da casa propria – sia una piazza o il pianerottolo - come uno spazio estraneo da violare e non da salvaguardare; di chi s’è fatto vincere dall’assuefazione, accettando l’inaccettabile; di chi, per contratto elettorale, dovrebbe garantire condizioni di decoro alla città e alla cittadinanza. Non credo di esagerare se dico che la scala delle responsabilità è proprio questa, in quest’ordine. Troppo comodo, anche per le nostre coscienze, addossare sempre le colpe agli altri, più facile ancora prendersela con il Palazzo, genericamente e indiscriminatamente indicato come autore di ogni misfatto. Abbiamo la raccolta differenziata dei rifiuti che ha già evitato (o avrebbe dovuto evitare)lo sconcio di quei cassonetti stracolmi di monnezza puzzolente. Eppure si continuano a vedere sacchetti messi fuori casa nei giorni sbagliati e lasciati lì a marcire in attesa del prossimo passaggio dei camion della nettezza urbana. Occorre maggiore vigilanza, ho sentito ripetere, quasi che l’unica condizione possa essere lo stato di polizia. Qui, piuttosto, è questione di pulizia: certo un nucleo più nutrito di agenti ambientali aiuterebbe, delle contravvenzioni salatissime sarebbero sanzioni esemplari, ma non è necessario aver studiato a memoria il codice della strada e un manuale di educazione civica per sapere che parcheggiando una vettura davanti al cancello di un liceo, si impedisce l’ingresso degli studenti, oppure che una rampa non può diventare un rifugio per ratti. Prima o poi arriveranno i dodici vigili scelti dal concorso appena partito, ma non c’è il tempo di aspettarli. E’ finito il tempo dell’attesa: non arriverà un messia a risolvere i nostri guai. In questo momento, poi, chiedere aiuto allo Stato perché mandi in campo i propri uomini è forse velleitario; loro devono combattere la guerra contro la piovra che in periodi di crisi diventa ancora più asfissiante. Tocca arrangiarsi da soli, marcandoci l’un l’altro. Anche questa è una modalità di convivenza, la più triste. Non sopportiamo più, denunciamo. MASSIMO CORCIONE