A cura della Redazione
Parto da una richiesta avanzata da un cittadino via web sul muro di TorreSette; è indirizzata al ministro dell’Interno, signora Cancellieri, e invoca il ritorno dell’Esercito a Torre Annunziata. Se sottoponessimo questa istanza a sondaggio popolare, raccoglierebbe di sicuro moltissimi consensi, quasi un plebiscito. E sarebbe il segno tangibile di una paura che già la sera del 22 ottobre si manifestò in tutta la sua drammatica diffusione. Può essere una soluzione, anche se le ristrettezze delle finanze pubbliche (centrali e locali) hanno di fatto ridotto ogni tipo di spesa extra, né sarebbe sufficiente per una deroga la motivazione dell’ordine pubblico. L’esperienza vissuta durante l’altra stagione criminale, quella coincisa con l’arrivo dell’allora tenente dei carabinieri Toti, fu tranquillizzante. Forse per la prima volta il concetto di ordine ebbe diritto di cittadinanza in un luogo di frontiera: la convivenza, che nelle previsioni qualcuno aveva definito rischiosa, fu estremamente tranquilla e fu assaporato perfino il piacere nel rispetto delle norme. Uscendo dai sentieri della retorica, Torre per qualche mese cambiò faccia, senza che la presenza di tante divise incutesse timore. Ma, e ripeto un concetto espresso più volte proprio in queste stanze, già allora si sapeva che il difficile sarebbe stato vissuto al momento della separazione, quando avremmo dovuto fare da noi, avremmo dovuto arrangiarci, tanto per usare il più coniugato dei verbi. Troppo pochi quei mesi per lasciare una traccia definitiva nella formazione di generazioni cresciute con altri miti, più eversivi che educativi. Soprattutto è rimasto irrisolto il problema del lavoro, dell’alternativa alla disperazione, sentimento spesso alla base dell’arruolamento di tanti ragazzi nell’Antistato. E per creare occupazione l’Esercito non basta. Un intervento, comunque, s’impone, tanto forte è il rischio che il clima di insicurezza, molto prossimo al panico, si diffonda ancora. Un profondo senso di sconforto prende tutti noi quando ci accorgiamo che intorno c’è il deserto, che nessuno, fuori dei confini cittadini, si preoccupa per una situazione che è perennemente esplosiva e non solo in senso metaforico. Proprio questo abbandono cui siamo condannati deve farci diventare estremamente realisti: tutte le occasioni andranno sfruttate se garantiranno un minimo accenno di ripresa. Altrimenti prevarranno le regole del Far West, anche se – come in un film – dovessero arrivare i nostri. MASSIMO CORCIONE