A cura della Redazione
La pausa è finita, ma che fatica ripartire in salita. Neppure il tempo di godersi il mare un po’ più pulito, che il costone dell’Oncino minaccia di stravolgere panorama e tranquillità. Neppure il piacere di vedere sempre più torresi scegliere – complice anche la crisi – di trascorrere le proprie vacanze a casa, che ci si accorge quanto poco ci sia da fare in questa città per vocazione autolesionistica. Sappiamo farci del male come nessuno, la provocazione lanciata da Roberto Azzurro su questo numero di Torresette è un paradosso perfetto per descrivere la nostra condizione di perenne disagio. Propone di smontare le ville di Oplonti, quasi fossero un colossale Lego, e rimontarle là dove verrebbero apprezzate e valorizzate. Tutto ciò che potrebbe produrre ricchezza viene mortificato, trascurato, sacrificato da competenze mai chiare. Accertare le responsabilità è più difficile che risolvere un grande mistero, la ricerca sfianca lasciando un’unica certezza: non si arriverà mai alla fine dell’inchiesta. Finiremo tutti insabbiati, stessa sorte che tocca ora al Porto, sempre meno frequentabile dalle grandi navi commerciali. Scusate se insisto, ma i sette chilometri di costa custodiscono la speranza che qualcosa cambi: dalla spiaggia, sempre troppo poco sfruttata, all’ex area industriale, collocata in un’area strategicamente attrezzata. Arrivasse anche la bretella autostradale, sarebbe perfetto, ma anche quella storia è rimasta un’incompiuta. Il prossimo rischio è legato alla messa in sicurezza di quel tratto di costa miseramente franato nella stagione più arsa degli ultimi decenni. E’ stata garantita la massima priorità, c’è un’associazione spontanea di cittadini che vigilerà su quelle promesse. Come un altro gruppo attende che venga finalmente sistemato il ponte di via Sepolcri, uno sconcio che resiste da una vita. L’estate è già un ricordo, si riparte dalla precarietà di un lavoro endemicamente incerto, tra aziende che chiudono e nessuna che scommette sul futuro. L’occupazione ha la stessa solidità di un castello di carte, basta un soffio e tutte le illusioni crollano. Un motivo in più per sondare nuove strade, vagliare le proposte che ancora continuano ad arrivare. Rischiando anche un po’, se in gioco c’è la possibilità che qualcosa cambi. L’impressione è che si evitino le corsie veloci, ma, per trovare soluzioni alternative all’attuale sfacelo, il tempo sta per esaurirsi. Come la pazienza per essere rappresentati anche nelle cronache sportive da un incosciente che ha lanciato sul campo di Pomigliano un petardo esploso nelle mani di un volontario. Pagheremo noi per lui. La pausa è davvero finita, e nulla è cambiato. MASSIMO CORCIONE