A cura della Redazione
Pronti, via. Si parte con il nuovo governo della città, senza pregiudizi, aspettando i fatti. Se, stravolgendo De Gregori, è solo dai particolari che si giudica un assessore, noi – tutti noi – vorremmo che i dettagli fossero progetti e soprattutto realizzazioni. Il Sindaco si gioca la faccia, ancora una volta, ma in cinque anni non potrà restare tutto uguale. Quindi giudizio sospeso, aspettando i primi risultati. Le prove non mancheranno: la beffa della messa in funzione del depuratore, annunciata dalla Regione ma non ancora realizzabile; la situazione di pericolosa precarietà del costone di Punta Oncino; il doloroso confronto con il lavoro che non c’è e difficilmente ci sarà nel prossimo futuro; perfino la Sanità minaccia di diventare un servizio opzionale se si continuerà con gli accorpamenti dei reparti ospedalieri. Sono tutti macigni che imporranno decise deviazioni dal percorso che Starita aveva immaginato. Come si fa a concepire grandi disegni, se manca chi sa usare le matite? Ecco perché una Giunta a doppia velocità, pronta a tamponare le quotidiane emergenze ma anche a elaborare scenari meno minimi, sarebbe stata l’ideale. Sarei curiosissimo di scoprire perché proprio non si può provare una soluzione del genere. E’ il mistero insondabile della politica, dei suoi compromessi, delle alleanze strategiche. A costo di sfiorare la monotonia, rimpiango l’esperienza vissuta con Enzo Celone: manca la sua fantasia, si ha nostalgia della sua capacità di sognare. Così come riconosco a Maria Elefante il tentativo di aver proposto un’idea di cultura non solo accademica. Paro subito l’obiezione più scontata: a chi crede che esistano altre priorità, rispondo che occorre pensare in grande per risolvere grandi problemi. Altrimenti continueremo con il rattoppare, senza mai ricostruire un tessuto economico sfilacciato. Ma, nonostante tutto, voglio essere ottimista. Si deve mutare registro se non si vuol rischiare la paralisi. Stiamo vivendo la peggiore crisi di sempre, siamo costretti a rifare i conti nei nostri bilanci familiari e in quello disastrato dello Stato. I Comuni subiscono mutilazioni più che tagli, eppure non possiamo tagliare le nostre vite. Leggendo il futuro entro i nostri confini, esporteremo quote sempre più ridotte della nostra povera ricchezza; resteremo a casa e non saremo costretti a frequentare spiagge desolate, trascinando ombrelloni e sdraio. Confidando che qualcosa cambierà, per forza. Altrimenti dall’Europa scivoleremo lentamente via. MASSIMO CORCIONE