A cura della Redazione
Se fosse confermata, sarebbe l’ennesima beffa: i lavori di scavo per la realizzazione di Marina di Stabia avrebbero provocato l’innalzamento del fondo sabbioso del porto di Torre Annunziata. L’effetto disastroso, costretto ora a rifiutare l’ingresso alle navi di grande portata. L’occasione mancata si trasforma in un danno che nessuno risarcirà. Chi paga i lavori di dragaggio? Soprattutto il porto torrese (in un passato neppure tanto lontano, secondo scalo regionale dopo Napoli) tornerà mai a ospitare i grandi cargo? Domande alle quali nessuno per ora può dare risposte definitive. Siamo di nuovo all’esibizione di progetti. Ricordo ancora quello preparato in tutta fretta e rivelatosi impossibile da realizzare per difetto di esposizione alle correnti. Si parla adesso di allargamento, fino a coinvolgere la zona della Salera, addirittura con quattro darsene. Credere è molto più di un atto di fede, occorre superare ogni argomento logico che porta verso una nuova delusione, sarebbe l’ennesima. Eppure il mare, in tutte le sue forme e le declinazioni di utilizzo, è la ricchezza certa sulla quale poter contare, la materia prima che nessuno può vietarci di sfruttare. La sabbia che solleva il fondale invece impedisce ogni movimento, paralizza lo sviluppo e azzera finanche quel che ancora c’è e resiste a fatica. Dalla mia memoria familiare ripesco racconti sui Magazzini Generali, su commerci internazionali con le Americhe, sul porto centro di un piccolo mondo senza confini: nessuno può evocare quei tempi con nostalgia, ma cancellare anche quella piccola economia sarebbe letale per il nostro microsistema. Lo stallo che caratterizza il Paese qui da noi ha effetti amplificati: niente futuro e presente in pericolo. La condizione peggiore dalla quale uscire è più difficile che attraversare la giungla a piedi e disarmati. Il corso di sopravvivenza ci vede sempre al primo banco, pronti a imparare tutte le tecniche, ma siamo davvero al collasso. E la campagna elettorale, di fatto già partita, concentrerà tutti sulle contrapposizioni, non sull’unione delle forze. Ricordo che due o tre cantieri restano aperti e sarebbe auspicabile che si giungesse a una felice chiusura: la riapertura di Via Sepolcri e la collegata messa in funzione del depuratore su tutti. Aspettare oltre non si può. Finiremmo tutti insabbiati. E sarebbero sabbie mobili. MASSIMO CORCIONE