A cura della Redazione
Due o tre cose che i ballottaggi della scorsa settimana lasciano in eredità, soprattutto a noi che le nostre elezioni le avremo il prossimo anno. Prima di tutto la sconfitta degli apparati, dei partiti intesi come organizzazioni rodatissime nell’imporre i propri candidati. Pisapia a Milano e De Magistris a Napoli sono diventati sindaci a dispetto dei vecchi santi, improvvisamente finiti nell’angolo più buio del tempio della politica. Merito delle primarie, ma non solo. De Magistris è l’esempio di una scelta popolare avvenuta per fasi successive, nessuno avrebbe scommesso su di lui alla vigilia del primo turno. Ha prevalso proprio il senso di rivolta rispetto alle designazioni piovute dall’alto, all’investitura operata dal centro senza confronto con la periferia. I napoletani si sono riappropriati il diritto di decidere da chi essere governati. Hanno optato per De Magistris perché era l’uomo nuovo, il possibile innovatore. Meno umorale la storia che ha portato all’avvicendamento tra Letizia Moratti e Giuliano Pisapia. Il messaggio i milanesi lo avevano lanciato mesi fa, una scelta di pancia più che di testa, una sorta di disobbedienza civile rispetto a una soluzione prospettata come la migliore. Vedere Piazza Duomo invasa da quelle macchie arancioni non è stata solo una nota di colore, ma il segnale che la ribellione (non solo contro il sindaco sconfitto) c’è stata, civile e legittimata dal voto. Nessuno, credo, ora è sicuro che tutti i problemi che affliggono due megalopoli come Milano e Napoli siano risolti d’incanto, ma una bella fetta di responsabilità, per la prima volta, se la sono assunta anche coloro che sono andati a votare. La loro adesione alla novità non è più solo un atto simbolico che si ferma nel momento in cui la scheda è stata depositata nell’urna. Ma deve essere confermata giorno dopo giorno nei comportamenti normali da cittadino. Vivremo mai noi una simile primavera? Si arriverà alla scelta di candidati che siano davvero espressione della città? Intendiamoci, nessuno dice che finora ci siano stati affibbiati degli usurpatori, personalmente penso che Giosué Starita avrebbe vinto anche le primarie se avessero preceduto la sua candidatura. Ma quella legittimazione avrebbe reso più solido il patto della coalizione che lo avrebbe poi appoggiato. Prendiamo quelle che arrivano da Milano e da Napoli come lezioni per il futuro. Per noi cittadini comuni è un impegno ancora più serio: restare a guardare per poi criticare non serve più. Occorre partecipare. MASSIMO CORCIONE