A cura della Redazione
Il tempo dell’attesa passiva è finito. Occorre la mobilitazione generale, la presa di coscienza collettiva che le cose devono cambiare. Aspettare che venga a salvarci un messia non è più un atto di fede, è una chimera che va assolutamente smontata. Proviamoci con il depuratore e con il ripristino del ponte della vergogna, dove la vergogna è quella provata negli ultimi anni da tutti noi cittadini, incapaci di fornire una spiegazione logica sul perché la città sia stata divisa in due, spaccata da una questione prevedibilissima quando i lavori della terza corsia autostradale erano cominciati. Non penso a cortei, a piazze invase, a marce su Napoli o su Roma. Almeno per ora. La mobilitazione deve investire le nostre teste, l’informazione non può che guidare questo movimento d’opinione. Ecco perché chiediamo di sapere, di conoscere che cosa impedisca la realizzazione di due opere così strettamente connesse. Io non credo che ci sia qualcuno interessato al protrarsi di questa emergenza: non l’Amministrazione comunale che la prossima primavera sarà chiamata all’esame del voto popolare, non le autorità centrali paralizzate piuttosto da un’inerzia burocraticamente incancrenita. Eppure noi sopportiamo ritardi che, per il depuratore, durano da 38 anni, dall’estate maledetta del colera. L’anno zero continua senza che si veda una luce capace di illuminarci. I risultati delle elezioni sono stati chiarissimi, la loro lettura potrebbe essere affidata anche a un bambino. La gente è stanca di non essere governata, delle chiacchiere, delle polemiche che nascondono solo lotte per una poltrona. Occorrono i fatti, su quelli bisogna confrontarsi. L’alternativa è il proliferare del non voto e di movimenti di protesta che non diventeranno mai maggioranza. I cittadini devono ritagliarsi un ruolo attivo, fare gli spettatori ipercritici è un atteggiamento che non paga, soprattutto costa un prezzo altissimo alla collettività, e noi non possiamo più pagarlo. MASSIMO CORCIONE