A cura della Redazione
L’avevo definito il nostro Gange, il fiume sacro nel quale immergersi per rafforzare le nostre già sviluppatissime capacità di resistenza ai mali del mondo. Nessun dubbio anche allora che a rendere scandalosamente indecente il nostro mare fosse la mano umana più che una volontà divina inflessibile nel condannarci a una terribile espiazione. Ma leggere che a farci l’ultimo affronto sono stati proprio coloro che avrebbero dovuto proteggerci, ha provocato un moto di rabbia impossibile da reprimere. Sulle responsabilità personali resto garantista, i magistrati dovranno ripercorrere tutto il percorso di decisioni che restano, al di là di ogni ragionevole dubbio, delinquenziali. I fatti li avete letti nei giorni degli arresti disposti dalla magistratura: il percolato, forse il peggio dei rifiuti, veniva praticamente riversato in mare e noi, disgraziatissimi nella disgrazia, per anni siamo stati investiti da questa marea puzzolente. Così, senza pudore, come spesso accade quando si parla di disastri ambientali. Qualcuno, in verità, l’aveva pure detto, in cambio aveva ricevuto una poco edificante lettera di licenziamento. La denuncia del lavoratore impegnato nel depuratore di Castellammare era stata archiviata come quasi irrealistica: possibile che una truffa del genere potesse essere perpetrata ai danni della collettività? Oggi diciamo: purtroppo sì. Che cosa possiamo fare noi davanti a uno scempio simile? Subire oltre non si può, abbiamo visto progressivamente trasformarsi il nostro litorale in una cloaca a cielo aperto: il Sarno per anni è stato l’autostrada sulla quale viaggiava di tutto, le correnti hanno fatto il resto indirizzando ogni tipo di schifezza dalla nostra parte e risparmiando la costiera sorrentina. All’opera di bonifica del fiume più inquinato d’Europa sono state legate tutte le nostre speranze di riavere il mare pulito, ma tutto diventa inutile se alla fine del suo corso vengono immessi rifiuti non depurabili. I comuni di tutto il Golfo stanno annunciando la propria costituzione come parti civili nel processo che dovrebbe essere intentato ai responsabili dell’irreparabile danno ambientale. All’effetto annuncio deve accompagnarsi un’azione concreta di protesta che coinvolga tutti i cittadini: abbiamo diritto a un risarcimento, il danno non è quantificabile in qualche centinaio di migliaia di euro. Abbiamo perso la faccia e pure la salute, abbiamo puntato sullo Stato per uscire da questa situazione di degrado che ha impedito ogni forma di sviluppo. Oggi scopriamo di essere stati ancora traditi. Scusate, ma non abbiamo più voglia di porgere anche l’altra guancia. E il nostro Gange non lava più l’indignazione. MASSIMO CORCIONE