A cura della Redazione
Più che il numero conta la volontà. E quella espressa domenica mattina è stata chiara e inequivocabile. La città si è schierata ufficialmente dalla parte dei giudici, contro la Camorra. E’ questa la novità, piacevole come una via d’uscita quando sei intrappolato da anni in un labirinto. Il procuratore Marino si è accorto di non essere solo, e con lui gli altri magistrati che vivono arroccati nel castelletto del Tribunale. Noi torresi abbiamo comunque esibito il coraggio che serve per essere liberi di volare. Ora occorre volare. L’operazione è meno semplice, non basta un giorno di mobilitazione, l’impegno è quotidiano e investe amministratori e cittadini. Al di là delle questioni che agitano la maggioranza (o la ex maggioranza): quelle riguardano i rapporti di forza tra le correnti diventati prepotentemente tesi dopo le regionali. A noi non resta che attendere, sicuri che nessuno si adopererà per compromettere una situazione già precaria. Sarebbe solo un clamoroso autogol, un ritorno al passato. Un passato che proprio la tv ha riportato d’attualità con la seconda stagione di vita di Fortapàsc. Dopo il passaggio nelle sale, il film sta rivivendo in tv: prima Sky, poi a maggio Mediaset Premium. Il pubblico che passa attraverso il telecomando è straordinariamente più vasto di quello che è andato al cinema. Per chiunque sia associabile a Torre Annunziata, questi sono i giorni delle domande da camera cafè: ma è andata davvero così? Soprattutto, da allora che cosa è cambiato? Risposte problematiche da trovare: non è un documentario, è un film, un’opera d’arte che racconta una storia con tutte le licenze concesse a chi porta sullo schermo una storia. Confesso che rivedere la figura del giudice così com’è stata riproposta da Marco Risi ha ridestato un moto di ribellione, un senso d’ingiustizia che la riproposizione del film ha riaperto. Ancora più fastidiosa è la città come viene rappresentata: complice, connivente, troppo silenziosa. E lì non c’è da prendersela con regista e sceneggiatori: eravamo molto simili, davanti all’illegalità dominante non c’era ribellione, tutt’al più emulazione, soprattutto nelle generazioni più giovani. Che cosa è cambiato da allora? Proprio la mobilitazione di domenica spinge a rispondere: molto. Ma non abbastanza, la strada verso la normalità è ancora lunga. Sarebbe bello se passasse attraverso la suggestione proposta da Michele Del Gaudio nella sua lettera a Gionta. Saremmo alla pacificazione totale, una soluzione utopistica e affascinante. Conoscendo Michi, posso solo immaginare quanto sofferto sia stato il cammino che lo ha portato a scrivere quel messaggio. Toccheremmo livelli di catarsi da tragedia greca. Sì, un lieto fine per una tragedia: cose mai viste, cose da Torre Annunziata. MASSIMO CORCIONE (dal settimanale TorreSette del 30 aprile 2010)