A cura della Redazione
Frammenti di discorsi tenuti tra chi è partito e chi è restato. La nostalgia contro la rassegnazione, un match destinato a finire pari: la voglia di tornare e quella di fuggire si bilanciano in una gara che non produce nulla, fa sentire solo tutti inutili, incapaci di incidere su una realtà che stancamente si rinnova sembrando sempre uguale a se stessa. Sapori scolpiti nella memoria contro problemi di ordinaria invivibilità, passato e futuro che corrono paralleli senza mai incontrarsi, binari che non portano da nessuna parte: questa è l’eterna guerra di sentimenti che si combatte all’interno del popolo torrese, un popolo di migranti destinato a soffrire. Le notizie che arrivano quando sei lontano sono peggiori di uno stillicidio: una goccia ghiacciata e una bollente, finisci per non capire che cosa stia succedendo, dove siamo diretti. La questione lavoro, per esempio, è un tormento, non dà tregua, sballottata tra una Zona Franca frenata da mille compromessi, cantieri che aprono e chiudono, fabbriche che cambiano padrone e prospettive di sviluppo. In tanta nebbia trovi pure qualche spiraglio, le ipotesi di incremento dei posti-barca e di sistemazione delle strutture quasi inesistenti del porto potrebbero essere un segnale di cambiamento. E’ l’ultimo progetto che va delineandosi, nessuno può garantire che stavolta la realizzazione finalmente ci sarà. Quando questo inverno mai tanto freddo andrà a finire, tornerà la solita solfa di mare sì/mare no, e – vedrete – ancora per un altro anno ci ordineranno di non frequentare il nostro mare, la nostra spiaggia: un esproprio di spazio e di aria che subiamo da decenni. E anche quest’anno nessuna reazione, ci adatteremo. Come sta accadendo per il lavoro che non c’è, per i lavori che non vedono mai la fine. Confesso che non sono riuscito a comprendere i mille dubbi che hanno accompagnato il varo della barca dei saperi, tanto per restare in acque agitate. Sospetti, distinzioni, accuse più o meno velate: ma perché? A Torre non c’è niente da guadagnarci, se trovi un piccolo esercito di volontari che prova a darsi qualche obiettivo comune, che male c’è? Unitevi e partiamo. Invece no, ancora c’è chi preferisce criticare, sempre, senza che mai un pensiero positivo popoli quelle menti. Meglio soffrire. E’ questo senso di negatività che ti avvilisce, e in questo non c’è differenza tra chi è andato e chi è rimasto. Non hai certezze e neppure probabilità rilevanti che qualcosa di buono verrà; questo rende tutto maledettamente difficile. Governare e soprattutto vivere è un mestiere a rischio. MASSIMO CORCIONE