A cura della Redazione
Nord o sud non può essere un dilemma se tutto si muove lungo una striscia di sette chilometri, meno di un punto su una carta geografica. E’ come parlare della scissione dell’atomo, eppure la contrapposizione tra Torre Nord e Torre Sud continua a essere l’argomento più ricorrente nei messaggi che affiggete sul nostro Muro. Su questo numero di Torresette leggerete anche una testimonianza particolare di un cittadino - diciamo così - in esilio temporaneo. Io trovo la questione insopportabile, somiglia troppo a quelle liti condominiali che intasano i computer degli uffici dei giudici di pace: avvelenano la vita di una comunità e di solito non producono benefici ad alcuno. E’ impossibile pensare a uno sviluppo localizzato solo in una parte minuscola della città, l’ideale sarebbe allargare i confini, pensare a un territorio allargato che dal mare salga su, fin sulle pendici del Vesuvio. Più o meno i confini che una volta aveva Torre Annunziata, ma non è una citazione nostalgica. Piuttosto la constatazione del fallimento del decentramento esasperato: pensate a un territorio che comprendesse Trecase, Boscotrecase e magari Boscoreale, sarebbero presenti tutti gli elementi necessari per costruire un modello alternativo a quello, confuso, che venne superficialmente disegnato nei disgraziati anni Sessanta. La distruzione cominciò lì: aggressione di tutti gli spazi verdi, lottizzazione selvaggia, costruzioni erette in dispregio totale del paesaggio che ancora oggi resta unico. E ora, invece di riparare a quegli errori capitali, stiamo quasi a proporre una nuova secessione, tra Nord e Sud di una lingua di terra. Ho provato a fare una passeggiata a testa in su, lungo tutto il Corso, da via Gambardella all’incrocio con via Castello. Non è stato il solito viaggio nella memoria, tentando di localizzare ricordi che altrimenti sarebbero destinati a sfumare: la finestra della zia, il balcone dal quale vedere passare la processione, la bottega del vecchio gelataio trasformata in chi-sa-cosa, la farmacia che incuteva timore con quegli scaffali pieni zeppi di scatole dall’odore acre dei medicinali, il cinema che pareva contenere tanta gente quanto uno stadio, ridotto ad albergo per ratti. Meglio pensare al futuro, a come ridare vita a palazzi ormai abbandonati, ripopolando una zona che altrimenti diventerà sempre più fatiscente. Metri e metri di fronte strada ospitano poche famiglie, mentre gli antichi abitanti sono migrati verso chi sa dove. E chi resta si sente trascurato, abbandonato, retrocesso a cittadino di serie B. Non interessa distribuire le colpe, sarebbe un processo in contumacia. Meglio guardare avanti, sfruttando tutte le possibilità che la legge offre, anche quel piano casa che va seguito come un’occasione irrinunciabile. Sarebbe un’operazione di rianimazione, ossigeno per chi respira a fatica, ma non si arrende. E per questo è pronto a dichiarare guerra ai fratelli del Nord, anche se non serve a niente. MASSIMO CORCIONE