A cura della Redazione
Ci risiamo, non c’è pace che tenga. Le dimissioni di un assessore sono sempre un segno di malessere, il sintomo che qualcosa nel governo della città non va. Leggerete le ragioni che hanno determinato l’abbandono di Michele Cuomo, ciascuno potrà trarne le conclusioni che vorrà, io mi limito a constatare che la litigiosità resta al di sopra del livello di guardia. E – ripeto – trovo queste tensioni una cosa inammissibile per una maggioranza che nelle elezioni ha ottenuto una vittoria schiacciante. Immagino già le obiezioni: la politica è dialogo, è confronto, è contrapposizione di opinioni. D’accordo, tutto giusto, se ci trovassimo in una situazione di normalità, ma litigare mentre l’acqua sale nella stiva è da folli. Sembra di essere sul Titanic: continuiamo a ballare, mentre l’impatto inevitabile si avvicina. Da troppi anni le nostre Amministrazioni si limitano all’elaborazione di proposte e progetti che poi quasi mai trovano realizzazione. Inutile stare qui a ripetere l’elenco: somiglia a una di quelle litanie che le vecchie signore recitano senza neppure più ricordare il senso delle preghiere. E’ il rosario dell’illusione: non ci porta in Paradiso, ci fa restare all’Interno. Dopo decenni trascorsi al giogo della camorra, costretti a battere la strada verso il baratro, finalmente potremmo essere più liberi, addirittura (più o meno) liberi di scegliere come programmare il nostro futuro. E invece ci attardiamo a litigare. Ogni lite è un ritardo (spesso non recuperabile) su una tabella di marcia che dovrebbe essere il più possibile spedita. I tentativi nazionali di porre un argine alla crisi passeranno attraverso la realizzazione di infrastrutture, occasioni per cambiare la faccia alle città e per dare anche qualche possibilità di lavoro a chi non ne ha tantissime. Restare fuori da questa partita sarebbe letale. Ho l’impressione che non se ne abbia la piena consapevolezza. Leggo e sento parlare di lotta tra correnti, di posti rivendicati: somiglia troppo a un linguaggio che si pensava dimenticato, anzi superato dagli eventi. Invece riemerge puntuale, purtroppo. Resto fuori dal merito dell’ultima vicenda, non posseggo tutti gli elementi per una valutazione, ma sono certo che non saranno i rimpasti a far lievitare la nostra politica. Nessuno ci aspetterà, e resteremo indietro, distaccati da un futuro possibile. MASSIMO CORCIONE