A cura della Redazione
Più della rivolta di Pianura – scontata e quasi inevitabile – anche più delle pietre e dei petardi lanciati contro polizia e carabinieri, dovrebbe far notizia la rassegnazione di chi da tre settimane si ritrova la monnezza sotto casa. Una indecenza comune a tutta la Campania, con eccezioni piccole e illuminanti. E’ un altro segnale della resa che continuiamo a ostentare, come se il Fato si accanisse contro di noi, condannandoci alla diversità peggiore. E invece il Destino Cinico e Baro c’entra poco, siamo solo noi gli artefici della nostra condizione, i responsabili di una vicenda che ci ha esposto al pubblico ludibrio, additati dal mondo intero, esempio di poca civiltà. Ma le immagini che attraverso la tv hanno invaso le case dell’Altra Italia sono state soprattutto quelle girate a Pianura, a Quarto, a Soccavo, ai margini della discarica che nessuno vorrebbe riaperta. Come se l’anomalia fosse la protesta, sicuramente fomentata, e non il maleodorante spettacolo di sacchetti distribuiti in ordine sparso sui marciapiedi; la barriera indecorosa per l’accesso ai portoni delle scuole è stata spesso trattata come elemento di folklore, simbolo del nostro terzomondismo endemico. Qualcuno, da lontano, ha addirittura sospettato che si trattasse di esagerazioni, quasi che fosse impossibile anche immaginare un simile scenario. Invece la vergogna è proprio lì, in quella montagna che nessuno è stato in grado di abbattere. Per una volta la camorra è apparsa a tutti soprattutto un comodo alibi, il tentativo disperato di sotterrare la testa per non vedere. Solo che stavolta la testa è finita sotto la spazzatura, il luogo meno igienico che i responsabili potessero scegliere. La camorra ci opprime, è vero, ci toglie l’aria, uccide un ragazzo di trent’anni che festeggia la fine d’anno seduto al tavolo da pranzo, ma non può rappresentare l’unica spiegazione delle differenze con il resto del Paese. La tragedia di Giuseppe Veropalumbo a Torre Annunziata s’è consumata mentre la città era già ricoperta di rifiuti. Due emergenze, la monnezza e la criminalità, che hanno punti di contatto evidentissimi, ma qualcuno vuole contaminarle solo per creare confusione, non certo per fare chiarezza. Nessuno, invece, si è addossato un briciolo di colpa per la mancata realizzazione della raccolta differenziata o per i ritardi nella costruzione dei termovalorizzatori, o per aver sobillato le prime rivolte. Abbiamo ascoltato fino alla noia dichiarazioni di facciata. Come se chi s’è trovato sotto processo popolare volesse ricordare a tutti di essere stato eletto con percentuali plebiscitarie. Insomma: siamo stati noi a sceglierli, a confermarli, ad assecondarli. Ma neppure questo può valere per un’assoluzione. Io penso che il Paradiso su questa terra non esista, che anche le realtà più celebrate presentino zone d’ombra, ma peggio di noi non sta nessuno. E nessuno è più disposto a concederci attenuanti. Avete notato il muro che è stato eretto intorno alla Campania? Nessuno ha teso una mano, le dichiarazioni di disponibilità hanno avuto più il senso di un ordine di scuderia da rispettare che quello della solidarietà dovuta a chi si trova in momentanea difficoltà. Siamo ufficialmente diventati terra di frontiera. Hanno mandato l’ex capo della Polizia per risolvere il problema, quattro mesi per riparare guasti di decenni. E anche per rimuovere connivenze, complicità, coperture generose, alibi troppo comodi. Proprio il Superpoliziotto De Gennaro sa che la lotta alla Camorra si combatte restaurando la normalità: arrendersi alla diversità ineluttabile serve solo a costruire barriere tra noi e il resto d’Italia. Cominciamo abbattendo questo muro di monnezza. MASSIMO CORCIONE DIRETTORE SKY SPORT