A cura di Enza Perna

«Non etichettatemi come cantante napoletana, ma come un’artista che canta nella sua bella lingua: il napoletano».  Inizia così la conoscenza della cantante-attrice Fiorenza Calogero.

Un incontro tra due donne per approfondire e capire cosa si nasconde dietro quella bellezza tipicamente partenopea. Occhi grandi, capelli neri, sguardo intenso e passionale. Chi ha avuto il piacere di assistere allo spettacolo di Gino Rivieccio Io e Napoli al Politeama di Torre Annunziata lo scorso 6 aprile, può confermare che Fiorenza è molto più di una cantante-attrice. E’ un’artista completa, di quelle rare.

Nello spettacolo Fiorenza interpreta in maniera magistrale i classici della canzone napoletana. Lei non canta solo con la voce. Non sono solo le sue corde vocali a muoversi, ma l’intero corpo. E’ come se ogni nota, ogni singola parola attraversasse le sue vene fino ad arrivare a quelle dello spettatore.

E’ lì che arriva il brivido, l’emozione. Quella che solo i grandi artisti riescono a suscitare.

Non si esagera se si afferma che la sua performance, nella commedia del grande Gino Rivieccio, eleva ancor di più il livello stesso dello spettacolo.

La sua carriera inizia venti anni fa. Era poco più che una bambina quando Roberto De Simone le affida ruoli significativi in spettacoli importanti e di successo come La Gatta Cenerentola (1999), o L’Opera buffa del Giovedì Santo (2000).

«Ho imparato il mio mestiere sul palcoscenico - racconta Fiorenza -. Ho assimilato dai grandi professionisti tutto ciò che si poteva imparare, non solo dal punto di vista teatrale ma anche umano. Ne ho fatto tesoro. A distanza di venti anni, rimpiango quel periodo. Prima il teatro ti ripagava sia economicamente che professionalmente.

Con un alone di amarezza e con tono deciso, prosegue. «Oggi tra attori e cantanti è diventata una lotta tra poveri. Il Teatro in Italia sta morendo. Le compagnie teatrali stanno scomparendo. La cultura italiana è come un hamburger del Mc Donald's. Non è possibile pensare che le compagnie teatrali debbano vivere di bandi comunali. Non è accettabile che non si venga ben ripagati considerando che molti altri artisti si vendono a prezzi inferiori a quello che in realtà costa uno spettacolo. Spero che tutto questo cambi, altrimenti assisteremo alla morte del Teatro».

Dopo la tristezza, sul volto di Fiorenza ritorna il sorriso. Non a caso sulla sua spalla è tatuata una fenice, che per lei rappresenta la rinascita di ogni singolo giorno. Forse la sua napoletanità permea anche il suo carattere. Sempre solare, allegro.

Le basta intonare una canzone, fare delle prove per continuare a credere e ad amare il suo mestiere. Il talento è innato. Gli acuti, la musicalità, la ritmica del movimento del corpo. Queste sono cose che non si imparano.

Gli spettatori sono soliti credere a ciò che vedono sul palcoscenico, magari ignorando il “dietro le quinte”.  

«Il mio lavoro è faticoso - spiega -. Ore e ore di prove. Non esistono feste o ricorrenze. Quando sei in scena devi lasciarti alle spalle la tua vita privata, entrare nel personaggio. Concentrarti e vivere nella canzone. E’ un continuo correre, spostarsi, viaggiare. Lasciare gli affetti e assentarsi per lunghi o brevi periodi. Insomma è dura. Ma quando poi sali sul palco vedi la platea, senti gli applausi, tutta la fatica si annulla e ti senti appagata. Prima di entrare in scena, da buona napoletana e credente, recito la mia preghiera. Come dice Gino Rivieccio, "noi napoletani abbiamo in una tasca l’immagine del Santino, nell’altra il corno". Ed è così. E pensare che quando ero più piccola entravo in scena inconsapevole, con scioltezza. Oggi, con la maturità artistica, la paura si fa sentire. Non voglio deludere il mio pubblico perché lo rispetto».

Fiorenza Calogero non può essere definita solo attrice ma è anche una eccellente cantante solista.

Dopo tre lavori discografici, Fioreincanto (2007), Fiorenza (2009), Sotto il vestito Napoli (2011), il 4 maggio uscirà il suo ultimo disco Nun tardare sole, scritto e diretto da Enzo Avitabile e prodotto da Andrea Aragosa.

«Sono molto emozionata e soddisfatta di questo lavoro. E’ un disco innovativo che si rifà alla tradizione. E’ nato come invocazione alla vita che nasce dalla vita. Io amo tutte le mie canzoni, ma in questo disco mi emoziona il brano Uocchie ‘e terra e cielo, perché Enzo Avitabile l’ha scritta pensando alla mia Sofia».

Ecco che spunta un nuovo aspetto dell’artista, quello intimo, familiare.

Fiorenza è madre di Sofia, 3 anni, avuta dal compagno musicista, conosciuto durante una tournée a Parigi. Una bimba che ha riempito ancor di più la sua vita frenetica. Sofia, nonostante la sua tenera età, è ormai veterana del teatro.

Sempre più spesso segue la sua mamma. «Sofia già dimostra un talento artistico musicale. All’ottavo mese di gravidanza ero ancora in piena attività teatrale, è cresciuta tra le note».

E’ un orgoglio raccontare di una donna, nata a Castellammare di Stabia, che canta e porta Napoli fuori Italia. Alla base del suo impegno non c’è solo una vocazione, ma la volontà di consegnare la sua Napoli “all’internazionalità”.

Non si contano i grandi attori e registi che Fiorenza incontra lungo il suo percorso artistico. Basti pensare che nel 2001 vince il Premio Saint Vincent come migliore interprete con il brano Indifferentemente, unica canzone classica napoletana in gara. La lista di premi ricevuti e dei suoi lavori sarebbe interminabile.

Che il teatro progredisca o meno in Italia, il nome di Fiorenza Calogero, bellezza e artista di vera napoletanità, ha già lasciato un segno nella storia teatrale e musicale a livelli internazionali.

La sua voce calda trasmette l’emozione che solo una grande interprete e attrice può suscitare. I suoi settemila followers sui social lo dimostrano, ancor di più la volontà dei mostri sacri del teatro e della musica napoletana “di volerla” negli spettacoli.

La “Piccola  Cenerentola” è diventata una professionista a tutto tondo. 

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