A cura della Redazione

“Francesca era nata il sei di gennaio del milleottocentoquarantanove. Era nata su una delle alture della costa amalfitana dove la terra precipita e dirupa in un cielo capovolto che, nelle notti serene, le luci delle lampare fanno stellato. Il mare visto di lassù è irraggiungibile, in un pozzo profondo di luce. L’azzurra trasparenza così lontana, sospesa, senza suoni, è irreale e segreta come una favola”.

Questo l’incipit di Francesca e Nunziata, il capolavoro e, contemporaneamente, il romanzo d’esordio di Maria Orsini Natale.

Sono solo le prime righe di un vero e proprio bestseller, ma riescono da subito ad introdurci nel mondo poetico, quasi fiabesco, dell’autrice di Torre Annunziata. Considerata una delle più grandi scrittrici del Novecento, la Orsini Natale ha sempre nutrito un amore fortissimo per la sua terra natìa; con la sua città, Torre Annunziata, ha mantenuto un legame quasi viscerale, tanto da cercare in tutti i modi, con impegno e devozione, di aiutarla a venir fuori dal baratro di abbandono e degrado in cui la vedeva precipitare. Ogni sua opera segna una tappa di un percorso della memoria il cui punto di partenza resta la sua infanzia, circondata da un alone quasi mitico, momento in cui nasce il legame con il suo mare, quello che da bambina osservava dalla spiaggia dell’Oncino, con la sua città, di cui ricorda con nostalgia e rabbia il periodo operoso e ricco dei pastifici, con il Vesuvio, sentinella silenziosa e ammaliante della vita che si svolge ai suoi piedi.

“È come un Dio, è venerato fra questa gente: prima San Gennaro e poi il Vesuvio. Io lo amo così, ma spero che non si risvegli lasciandoci senza scampo. Il Vesuvio nell’animo ci mette qualcosa che altri non hanno, è maestro di vita, ce ne dà misura e importanza, e poi ci fa guardare tutte le cose da grandi distanze”.

E proprio La Vesuviana (Homo Scrivens) è il titolo dell’omaggio letterario dedicato a Maria Orsini Natale. A ricordare la grande scrittrice sono Anna Maria Liberatore e Gioconda Marinelli, grandi amiche, custodi e divulgatrici dell’opera della Orsini con la quale, nel 1999, hanno scritto a quattro mani la silloge Canto a tre voci (Avagliano), una raccolta poetica che contiene, tra le altre, quella che secondo Anna Maria Liberatore è fra le più belle liriche della letteratura italiana: Per te madre. La Vesuviana è un ricordo della scrittrice Orsini Natale, ma è anche un omaggio alla persona, una grande donna del sud, eccentrica, ottimista, cantastorie con immense doti narrative, era capace di suscitare emozioni anche con poche semplici parole dedicate alla sua terra, al suo passato. Come si deduce facilmente leggendo questo libro, la nostra illustre concittadina ha affascinato tutte le persone che sono entrate in contatto con lei, ha saputo conquistarsi un posto nel cuore di quanti hanno avuto la fortuna di conoscerla, donando sempre un po’ della sua saggezza e della sua poesia.

Tante le voci che intervengono a lasciare un ricordo, amici, conoscenti o semplici ammiratori: da Anna Maria Ackermann a Ermanno Corsi, da Maria Elefante a Mimmo Liguoro, da Carmela Maietta a Michele Serio. Quella che emerge è la figura di una donna concreta, con i piedi saldamente piantati in terra, dolorosamente consapevole delle brutture che rovinavano i suoi ricordi, una figura estremamente realista che aveva poi il dono immenso di saper mescolare realtà contemporanea, ricordi personali e storia per creare qualcosa di poetico e favoloso, donandoci una serie di opere e personaggi difficili da dimenticare. Moltissimi gli episodi e gli aneddoti legati alla scrittrice, le passeggiate in barca, la passione per il cibo e per la cucina, i consigli di cui era sempre allegra dispensatrice. Presente anche una piccola testimonianza inedita ispirata da una delle sue tante passioni , quella per la porcellana di Capodimonte.

Torre Annunziata è più povera da quando Maria Orsini Natale non c’è più, ma la sua penna ci ha regalato pagine che non potranno mai essere cancellate dalla memoria, e, ovunque lei si trovi ora, ci auguriamo che si sia realizzato il suo sogno; quando, infatti, le si chiedeva quale fosse il suo più bel ricordo, lei rispondeva così: «Il mio mare sotto casa. Ho le sue orme nell’anima, le fluorescenze del profondo, le mandrie di cavallucci marini, proprio mandrie… e il profumo dei suoi scogli. Quando ho perduto la casa sul mare, ho perduto il paradiso, ma spero che quell’aldilà che mi aspetta sia la spiaggetta della mia infanzia».