A cura della Redazione
Rispolveriamo per un attimo i nostri ricordi da studenti: i compagni, la campanella, la ricreazione. Quante cose abbiamo imparato tra quei banchi! Come dimenticare le amicizie, le ore di lezione che sembravano interminabili, la tensione per le interrogazioni? Ci dicono che la cultura, le cose apprese a scuola servono per la vita: ma quanti studenti le ricordano ancora oggi? Quanti di noi hanno dimenticato una lezione studiata alle medie o alle superiori? La prassi è questa: inizia la lezione, il professore spiega, gli alunni prendono qualche appunto e poi studiano a casa. Forse anche controvoglia, perché è una materia che li annoia. Non è così per la scuola media Pascoli che ha trovato un modo per coinvolgere i ragazzi nello studio, senza annoiarli. Mi presento incuriosito in Presidenza e mi accoglie con cordialità la dirigente scolastica Daniela Flauto, che mi spiega il suo progetto. «Ho chiesto ai ragazzi di compiere un viaggio nelle emozioni, di raccoglierle e rielaborarle in uno spettacolo alla fine dell’anno scolastico. Questo lavoro sarà molto utile per loro: studiare e analizzare le proprie emozioni aiuta a controllarle e a gestirle nel modo giusto». Un vero e proprio laboratorio sulle emozioni, insomma. Ma le sorprese non finiscono qui: «Il progetto - prosegue Flauto - aveva avuto da poco un suo inizio quando ho avuto modo di incontrare la Compagnia dei “Senzartenéparte” che mi ha presentato uno spettacolo intitolato proprio “Viaggio nelle emozioni: i percorsi nel mito”. Capitava proprio a fagiolo». Questi ragazzi hanno compiuto un viaggio nel mito facendo filtrare le emozioni proprio attraverso i personaggi dei vari miti. Gli studenti vedranno in questa rappresentazione proprio i personaggi e gli autori che hanno studiato. E tutto in chiave ludica e coinvolgente ma non dissacrante. Gli attori interagiranno con il pubblico divertendolo e rendendolo partecipe della scena, poi ci saranno anche spunti di riflessione. “Ti consiglio di vederlo, lo spettacolo inizierà fra poco”. Mi reco in aula e inizia lo spettacolo. Cantami, o Diva, l’ira funesta del Pelide Achille…, inizia a recitare l’attore Antonio Annunziata, il coordinatore dello spettacolo e interprete di Caronte alle grotte di Pertosa. Ma all’improvviso un altro attore della Compagnia, Esmeraldo Napodano interrompe il proemio e inizia un racconto che passa, in maniera giocosa, dalla “guerra di Troia” attraverso l’Iliade e l’Odissea di Omero, l’Eneide di Virgilio e la Divina Commedia di Dante. C’era tutto in questo spettacolo: una narrazione fluida, un pubblico partecipe (i bambini erano molto preparati sugli argomenti hanno interagito bene), l’abilità degli attori nel saper rendere accattivante argomenti giudicati “noiosi”. Gli altri attori della Compagnia erano Marella Solimeno (nei panni della Sirena Partenope), Rossella Mascolo (nel ruolo di una narratrice) e Pasquale Nastri, interprete di un personaggio che rappresenta il lato di un cittadino ambiguo, che pur di guadagnare è disposto a coprire i problemi della sua città. In questo caso si parla di Torre Annunziata, una città piena di problemi; che per essere risolti non vanno coperti, ma affrontati. E’ questo il messaggio di fondo dello spettacolo, cercare di smuovere le coscienze, di colpire gli animi di coloro ai quali un giorno lasceremo le redini del mondo. Una domanda è stata posta dalla Compagnia ai bambini: «In chi vi identificate: in un cittadino che tende a coprire i problemi della sua città o in un cittadino che ne prende atto e cerca in qualche modo di risolverli?». Tutti si sono identificati nel secondo tipo di cittadino. Sì, i bambini hanno una grande sensibilità e hanno un animo puro, e anche se non sembra, hanno le idee chiare. La scuola non deve solo insegnare loro che due più due fa quattro, oppure che Napoleone Bonaparte morì nell’isola di Sant’Elena. Deve anche alimentare questo spirito morale facendo in modo che cresca insieme a loro. E questo spettacolo è stato il metodo giusto. Scendendo mi sono congratulato con la preside, e lei mi ha detto che crede molto in questo tipo di insegnamento: «Dobbiamo fare in modo che la cultura non resti solo qualcosa che si studia nei libri - ha spiegato la Flauto -, ma anche qualcosa valido nella vita, che ogni argomento non sia solo una cantilena da recitare all’interrogazione, ma che possa risplendere nella vita degli alunni». Cosa dire di più? Un augurio a questi ragazzi affinché questa esperienza si riveli utile per il loro futuro ed un plauso alla Compagnia e alla preside che stanno svolgendo un progetto interessante per le giovani generazioni. ANTONIO DE ROSA (dal settimanale TorreSette del 22 marzo 2013)