A cura della Redazione
Opere dimenticate nei depositi delle Soprintendenze e nei magazzini delle biglietterie: scatta la protesta degli archeologi e dei cittadini. Statue appartenenti alla storia, simulacro di tradizione che aiutano a ricostruire una vita passata ma che oggi, come allora, continua ad affascinare. Lo splendore della città oplontina, però, da oltre quarant’anni è stato completamente abbandonato. Una triste sorte che li vede cosi offesi da quegli uomini che senza pietà li lasciano marcire nelle anticamere di bui magazzini. Un viaggio infinito, una vergogna abnorme. Eppure quelle statue un tempo erano il valore aggiunto ed ornamentale che donava non solo spessore a quelle ville ma ancora di più ne caratterizzava lo stile e la sua espressione. Ogni statua, ogni millimetro di quel marmo, di quelle anfore e persino dei set di bellezza suggerivano pezzi di vita quotidiana. Ognuno in momenti particolari, in momenti diversi. La storia di un popolo, la tradizione della gente. Poi l’eruzione, la ricostruzione ed infine il ritrovamento. Step dopo step la ricostruzione, lo studio ma tutto per finire poi dimenticato dal mondo. E’ questa la fine che hanno fatto cosi i reperti che da oltre quarant’anni sono abbandonati nei magazzini della Soprintendenza di Napoli e quella di Pompei. Ma anche nella stessa città torrese. Ebbene si, a pochi passi dalla biglietteria degli scavi di Oplonti, il mistero diventa un giallo. Sono giusto ventidue i passi per arrivare al magazzini in questione. La sala buia ed umida si trova accanto alla biglietteria. Non è chiusa, ma solo adagiata. Ogni tanto qualcuno la apre per prendere qualche utensile per occuparsi della pulitura del giardino. Un magazzino si, ma a tratti persino un deposito del tutto. Lo sgabuzzino è all’interno della struttura, accanto alla biglietteria. Aperta la porta principale la scena è inverosimile. Due sale: nella prima una serie numerosa di anfore e brocche. Sono circa trenta. Alcune sono in ottimo stato, altre ormai danneggiate. Nella seconda sala invece tra gli scaffali sono archiviate statue ed altri oggetti: almeno sei. Quattro sono i centauri, due invece i busti. Reperti raffiguranti bambini che tengono tra le mani volatili, portacandele e persino un urna ceneraria. Ma anche bassorilievi con volti di donne, lucerne dal manico cesellato, a testa di cavallo e anche a forma di cuore. E ancora brocche di acqua e vino e persino un set di bellezza. Quest’ultimo è quello meglio conservato: piccole ampolle dove forse venivano conservate le essenze, una scatola con una collana e poi arnesi per la cura e la bellezza. Insomma un vero e proprio tesoro, tutto dal valore inestimabile. Eppure abbandonato. Perché? Una scelta che non sembra per nulla andare giù nessuno, persino a chi dal web lancia rinomati appelli e fa partire una vera e propria petizione per riportare quei beni preziosi al patrimonio cittadino. Riportare nella propria città i simboli della storia e soprattutto quelli che da oltre 40 anni sono rinchiusi in quel magazzino oplontino, ma anche in quello partenopeo dove altro materiale è stato abbandonato. Quelle pregevoli sculture di Oplontis sono "recluse" in un magazzino degli scavi della Soprintendenza di Napoli e Pompei e noi le vogliamo qui di nuovo, sotto gli occhi di tutti”. Questo l’appello del movimento "Libera Nike" che invita cosi le istituzioni a creare a Torre Annunziata una struttura museale in grado di rendere fruibili al pubblico questi straordinari reperti. Un patrimonio unico oggetto di studio di numerosi archeologici internazionali e nazionali, ma dove l’impegno è stato anche per i giovani torresi, come Mario Lazzarini. “Gli scavi di Oplontis: presente e futuro del turismo di Torre Annunziata”, questa la tesi del giovane laureatosi in progettazione e gestione dei sistemi turistici, alla Facoltà di Economia, dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. GIOVANNA SALVATI L´articolo in questione, a firma della collega giornalista di Metropolis Giovanna Salvati (foto), ha trovato ampio risalto in una nota di agenzia Ansa nazionale. Segno evidente che lo sdegno per la scarsa valorizzazione di un patrimonio inestimabile, qual è quello di Oplontis, non ha confini. Non saranno mai troppe le denunce per sensibilizzare le autorità preposte e le Istituzioni locali affinché venga realizzata un´area museale a Torre Annunziata, dove possano finalmente essere esposti i tesori di Oplontis, risalenti al 79 d.C. e riportati alla luce 40 anni fa.