A cura della Redazione
Ancora una serata di buona cultura a Torre Annunziata. Al Circolo Professionisti e Artisti “Giuseppe Esposito”, con la collaborazione dell’Archeoclub d’Italia “Mario Prosperi”, è stata presentata “Con rabbia e con amore”, una pièce teatrale inedita scritta da Antonella Cilento, giovane scrittrice napoletana insegnante di scrittura creativa, interpretata da Gea Martire ed Imma Villa. In un contesto storico particolarmente complicato qual è il Risorgimento italiano, due donne si incrociano quasi per caso. Provengono da realtà sociali e culturali opposte che creano subito lo scontro frontale tra due punti di vista assolutamente inconciliabili. Una è Michela di Cesare, la brigantessa nata nel Regno delle Due Sicilie e fucilata nel 1868. L’altra è Enrichetta De Lorenzo, compagna di vita e di ideali di Carlo Pisacane, uno degli eroi più rappresentativi del Risorgimento italiano. Selvaggia e ignorante passata alla storia per la sua spietatezza, bella e passionale, Michela è fiera di combattere per i suoi vaghi ideali politici, per la sua terra e per il suo uomo contro i Savoia, il processo di unificazione, la leva obbligatoria e tutto ciò che non coincide con le sue convinzioni guidate solo da un sommario senso pratico. Intelligente ed aristocratica, moderna e illuminata, Enrichetta è capace di condividere le battaglie del suo compagno improntate, com’è noto, ai concetti della libertà, dell’ uguaglianza e del socialismo ed ha investito in ciò tutta la sua vita abbandonando marito e figli per seguire Carlo nelle sue, talvolta discutibili, avventure. Sono due donne forti anche se evidenziano il loro temperamento attraverso scelte e comportamenti che vanno in direzioni opposte, ma che sono tuttavia ispirati da un forte senso di rabbia e da un sentimento tutto femminile dell’amore. Rabbia e amore: è da qui che si genera un contatto tra Michela ed Enrichetta, un incontro sul piano emotivo che accade quando le due donne decidono di dirsi tutto in una resa dei conti da cui emergono vicende dolorose, delusioni, aborti, sfide e tradimenti che le accomunano e le traspongono su un piano di pura femminilità. Allora solidarizzano, si incuriosiscono l’una dell’altra, si fanno domande, si esplorano psicologicamente a vicenda. La forza del testo, secondo me, sta nell’accostamento di tante tematiche diverse perfettamente integrate tra loro: il racconto storico, l’universo femminile, lo scontro utile tra culture diverse, la ricaduta del passato sul presente, i sogni del passato e la loro rinnovata attualità. La Storia nasconde verità alternative, basta cambiare il punto di osservazione e scopriremo che i soldati piemontesi non furono meno feroci dei briganti meridionali: Michela ci passa il messaggio che bisogna dubitare e diffidare dei luoghi comuni della storia e ci induce a d una riflessione sul significato del processo unitario alla luce dei fatti odierni. L’intreccio narrativo del lavoro è affidato ad un dialogo che occupa tutto “il tempo teatrale” quello dello spettacolo e dei fatti rappresentati, integrato dalla presenza sulla scena di un terzo elemento, Gabriele Saurio, con la funzione simile a quella del coro greco, di commentare autonomamente la vicenda usando il doppio linguaggio verbale-musicale con le percussioni che comunicano significati più delle parole. Il dialogo teatrale, si sa, è una scelta difficile in quanto la sua credibilità è affidata solo all’abilità degli attori nel rispettare i toni e i tempi giusti, nel generare movimento in una situazione di fissità. In questo caso poi diventa una vera sfida dal momento che l’autrice inaugura una tecnica narrativa insolita in cui la recitazione si coniuga con la lettura di documenti senza soluzione di continuità. Protagonista indiscussa, Michela. Interpretata da una Gea Martire travolgente, istrionica, appassionata e maledetta: il suo ruolo lo sente nel sangue, nella pelle e lo carica volutamente con una caratterizzazione ed un linguaggio molto forti. Non meno brava Imma Villa nel ruolo di Enrichetta, un ruolo da “spalla” di tutto rispetto che da colore e rilievo alla protagonista in un efficacissimo chiaroscuro fatto di gestualità, linguaggi e scelte lessicali diverse. Voglio concludere con una riflessione su Gea Martire, uno dei vistosi talenti che la nostra città ha offerto al panorama artistico italiano. L’abbiamo vista nei film di Vanzina, Risi, Scola , Monicelli, Ozpetek, ma il teatro resta sempre uno straordinario banco di prova per un attore e sicuramente resta il luogo in cui non basta apparire ma in cui occorre essere ed è lì che Gea esprime tutta la sua genialità. FRANCA CECORA (dal settimanale TorreSette del 27 maggio 2011)