A cura della Redazione
La macchina da presa stringe impietosa sugli occhi che si chiudono in due fessurine vanamente tese nello sforzo di trattenere le lacrime che l’onda del ricordo porta in superficie. L’immagine del volto sfuma e si scontorna in dissolvenza lenta. Poi il silenzio nel quale ogni cosa sembra precipitare, è infranto da un implorante e quasi sibilato: “E mo’ basta...” a chiedere una tregua al dolore, una sospensione al riacutizzarsi di ferite laceranti che si ritenevano rimarginate. Quel volto, quegli occhi, quella voce rappresentano uno dei momenti più alti e toccanti de “La Strage di Sant’Alessandro”, documentario realizzato dagli alunni dell’ISA-Liceo Artistico “Giorgio de Chirico” ed appartengono ad una testimone oculare di quella tragica giornata. In esso si racconta, anche attraverso i filmati di repertorio dei TG della RAI e la voce di quanti furono presenti, ciò che accadde il 26 agosto di ventisei anni fa, quando un commando di assassini lasciò otto morti ed una dozzina di feriti fra Largo Grazie e via Castello. Frammenti, fotogrammi, sequenze di immagini e parole che riaccendono la memoria sulla storia di dolore di una città che ha il diritto dovere di non dimenticare. Ma spesso la memoria, soprattutto dalle nostre parti è fatica, in particolare quando occorre riportare alle narici, alle orecchie, agli occhi, l’odore acre e penetrante della polvere da sparo, le urla di gente atterrita che si rifugia in chiesa, i cadaveri dilaniati dai colpi, gli idranti che lavano il sangue dalla strada. Ventisei minuti di documentario che lasciano senza parole, spossano l’animo, commuovono e indignano. Un lavoro lungo e difficile, un atto d’amore verso una città che non è facile raccontare e che spesso non si lascia raccontare, nella quale il silenzio la fa spesso da protagonista. Un silenzio pavido e vile, bilanciato, tuttavia, dalla forte coscienza civile di quei pochi che hanno saputo e voluto coraggiosamente ricordare. Testimonianze capaci, da sole, di riscattare l’ignavia di chi continua ad illudersi che negare l’inferno equivalga a cancellarne l’esistenza. L’opera, che ha ricevuto il premio speciale dell’Ordine dei Giornalisti della Campania come miglior documentario al “Festival del documentario sociale e di attualità Indoxx”, è stata ufficialmente presentata, unitamente al regista ed agli studenti che l’hanno realizzata, sabato 23 ottobre, nel quadro delle manifestazioni culturali previste per la festa patronale. Una vera e propria “prima cittadina” tenutasi presso il Circolo Professionisti e Artisti di corso Umberto al cospetto di numerosissime persone, tra cui spiccava una forte presenza giovanile. Un attimo di riflessivo silenzio allo scorrere dei titoli di coda e poi un applauso lungo e sincero ha segnato la fine della proiezione cui ha fatto seguito un interessante dibattito moderato da Giuseppe Chervino, direttore di TorreSette, al quale hanno partecipato il sindaco Giosuè Starita, l’assessore alla cultura Giuseppe Raiola, il costituzionalista e scrittore Salvatore Prisco, l’ex magistrato Michele Del Gaudio e, in rappresentanza del “de Chirico”, il dirigente scolastico Felicio Izzo e il docente Biagio Soffitto. Tutti gli interventi, nel sottolineare la validità del lavoro, hanno rimarcato il senso di impegno civile che da esso traspare, la volontà di capire, la capacità di fare breccia nelle coscienze. Un modo di raccontare la città senza indulgere nel cartolinesco, nell’oleografico, nel consolatorio, operazione sterile quando non mistificatoria; ma senza neanche cadere nel pessimismo più cupo che uccide ogni speranza di riscatto e rinascita. Una lettura questa che è piaciuta al primo cittadino il quale ha lanciato la proposta di un documentario sull’arte bianca a Torre Annunziata che indaghi sulle ragioni della crisi che ne ha praticamente cancellato ogni traccia. Un modo non burocratico ed impiegatizio di fare scuola, ci ha tenuto a sottilineare Salvatore Prisco, l’unico possibile per arrivare in maniera efficace e convincente ai giovani. Ed ai giovani documentaristi in erba ha voluto, con scelta felice, cedere il proprio spazio Michele Del Gaudio chiedendo loro di raccontare del valore formativo dell’esperienza. Una bella serata di consapevolezza e speranza cui ha fatto da cornice l’esposizione di opere d’arte di docenti e studenti del “de Chirico” e le tavole progettuali, elaborate dalla professoressa Carmela Cirillo e da alcuni suoi studenti, della riqualificazione dell’area di sedime dei fabbricati recentemente demoliti dall’Amministrazione Comunale nella zona del rione Carceri. Un progetto che prevede un ampio ed attrezzato spazio per bambini ed anziani essendo l’intervento edilizio minimale; un luogo sottratto al degrado, uno spazio di libertà. EMANUELE SOFFITTO (Dal settimanale TorreSette del 29 ottobre 2010)