A cura della Redazione
Sabato scorso, l’associazione AMACI in collaborazione con il collettivo “Hope it rains”, ha ospitato il concerto di Dario Brunori, inarte Brunori SAS, cantautore calabrese, fresco vincitore del premio Ciampi 2009 per il miglior debutto discografico. Presentatosi in formazione ridotta (solo tastierista e corista) di fronte ad un nutrito e fremente pubblico, ha urlato per più di un’ora tutta la semplicità, la gioia e la grinta che lo caratterizzano. Prima del concerto abbiamo avuto la possibilità di intervistarlo, per conoscere meglio la sua storia e la sua musica. Come presenteresti con parole tue il progetto Brunori SAS, da dove nasce questa sigla? «La sigla nasce da un’impresa che esiste realmente, quella della mia famiglia che vende mattoni e cemento, il progetto ha dunque preso il nome di questa, che per altro è anche una SAS: cioè una società in accomandita semplice. Mi piaceva dunque l’idea che un disco solista non è mai realmente solista, è sempre frutto del lavoro di tante persone, tra cui i miei musicisti che appunto chiamo “dipendenti” e che hanno un ruolo fondamentale nella riuscita del progetto». Prima di diventare Brunori SAS, hai fatto parte di un altro gruppo: i Blume, di stampo elettro-pop. Come è avvenuto questo radicale cambiamento di stile? «Nei Blume in realtà avevo un ruolo completamente diverso da quello attuale, ero “dietro le quinte”, scrivevo le musiche e mi occupavo della parte riguardante il suono, “spippolavo” con le manopole per dirla semplice. Il progetto di Brunori è comunque una conseguenza dei Blume perché viene anche da, non un rifiuto, ma bensì da un fisiologico allontanamento. Dopo tanti anni passati a lavorare su progetti molto ricchi di produzione e arrangiamenti sono passato a qualcosa che fosse più scarno e diretto». Nei tuoi testi si possono rintracciare della parole chiave: Amore, Nostalgia, Malinconia, Ricordi, vari termini settoriali che richiamano l’imprenditoria, nonché continui riferimenti a Guardia e ai tuoi luoghi natii. Da dove nascono queste tematiche, cosa ti ha spinto a raccontarle? «C’è sicuramente un aspetto nostalgico ma non nell’accezione di fuga; siccome l’album l’ho scritto dopo il mio ritorno in Calabria ho trovato varie situazioni da “madaleine” che riportandomi indietro negli anni mi hanno gioco forza inspirato nelle tematiche. I riferimenti economici sono fortemente ironici, legati ad una vita passata fra banche fatture e diverse situazioni che mi facevano sorridere perché rappresentavano qualcosa che fino a poco tempo prima non mi apparteneva e con cui invece mi sono dovuto confrontare. Le cose che racconto non sono neanche tanto meditate, ho cercato quanto più possibile di mantenere l’essenza dell’ispirazione, lasciandola quanto più pura e scevra da altre sovrastrutture». Hai deciso di intitolare il tuo album “Vol.1”, questo ti fa ben sperare che avrà almeno un seguito? «Si, è stato così intitolato per creare una certa aspettativa, ma anche perché è un richiamo ad un modo di presentare i dischi che per me era fantastico; spesso nella ricerca esasperata di un titolo a volte è difficile riassumere tutto il tuo pensiero in esso. Quindi semplicemente Vol.1 come si usava fare negli anni ‘60». Per concludere. Alcune voci parlano di una tua possibile partecipazione futura al festival di Sanremo. Le possiamo confermare? Partono varie risate da parte della band. E con una velata, ma neanche troppa, ironia Dario risponde: «Assolutamente sì, l’ho detto più volte, è il mio palco naturale, sarò sicuramente a Sanremo nel 2011, non tra gli esordienti, bensì tra i big». EMANUELE SOFFITTO (Dal periodico TorreSette di venerdì 4 dicembre 2009)