A cura della Redazione
Maria Orsini, la «nostra» signora delle lettere. L’ambasciatore più autorevole di Torre Annunziata. I suoi romanzi trasudano di storia. La sua scrittura crea uno squarcio di luce che accende la nostra memoria. Nobile. Come il passato della nostra città a cui dovremmo ispirarci tutti, uomini di buona volontà e non, ed intraprendere un esercizio di emulazione purificatore. Non è facile incontrare in pubblico Maria. Come tutti i “grandi”, non ama i riflettori. Si è concessa una “trasgressione” per il premio Ippocampo. «Un termine che mi commuove perché mi ricollega a tempi ed eventi straordinari che si sono svolti sulla nostra marina del sole», afferma la scrittrice chiamata a presiedere la manifestazione rispolverata di recente. «Ho vissuto direttamente quel premio mai dimenticato, l’“Ippocampo d’oro”, ideato da Luigi Manzo, Mario Lettieri e Franco Spera alla fine degli anni cinquanta – prosegue – e lo ricordo come un accadimento atteso ed esaltante. Ogni anno si ripeteva con lo slancio sempre felice di un ritorno. Un premio che portava per giorni sotto gli alberi del lido Azzurro, che aveva ed ha in piena vista Capri e Sorrento, personaggi eccellenti in ogni campo: pittori, scrittori, uomini politici, attori, musicisti». Le riflessioni di Maria Orsini sono assolutamente prive di retorica. Anzi, rappresentano un surrogato culturale per scuotere le coscienze in una città dove si è arrivati ad adoperare per il degrado aggettivi come “fisiologico”. «Nel mio percorso di vita, il declino di Torre Annunziata sempre mi ha trafitto il cuore, come penso quello di tutti i cittadini. Io ho conosciuto i tempi d’oro di questo posto vesuviano. Ho respirato l’odore acidulo della pasta che si asciugava al sole ed ho camminato tra gli spaghetti stesi che nascondevano i fabbricati e li facevano reconditi, segreti. Ho incrociato il turismo che sembrava il nostro grande destino. Da ogni parte si arrivava per le vacanze alle nostre spiagge. E abbiamo accolto questi ospiti sempre con grande disponibilità, direi con sacralità». Ed oggi? «Spero si riprenda in considerazione l’amore per una patria, l’impegno e la buona volontà del fare. Si esce per mare che ha le sue burrasche, ma si esce con passione. Mentre tanti scappano da questa vita e da queste contrade, altri in speranza di futuro hanno deciso di non andare via. Per qualcuno sono soltanto illusi che tentano di far rifiorire la roccia. Comunque – conclude la scrittrice – saranno utopisti, ma in fede restano». GIUSEPPE CHERVINO