A cura della Redazione
Dopo la scarcerazione degli inquisiti, un verdetto della Cassazione contro le aspettative di 13 mila famiglie che detengono bond carta-straccia della Deiulemar, e sperano in un giusto processo celebrato sul territorio, sarebbe visto come un colpo di spugna. L’udienza della prima sezione della Corte di Cassazione è prevista entro la giornata di mercoledì 13 febbraio. I soggetti inquisiti, vale a dire i componenti sopravvissuti della prima generazione delle famiglie dei tre capitani di Torre del Greco, e quelli della seconda, responsabili della maggior parte dei misfatti che hanno causato il crac della compagnia di navigazione corallina che ha messo sul mercato titoli di credito irregolari, senza che gli organismi istituzionali preposti alla tutela del risparmio ponessero il veto, aspettano agli arresti domiciliari la sentenza della Cassazione che dovrebbe decretare il ritorno della causa penale alla sua sede naturale, vale a dire il tribunale di Torre Annunziata. Il comitato dei creditori ha diffuso un comunicato l’imminenza della seduta della prima sezione penale della Corte di Cassazione, che deciderà sul conflitto di competenza tra la Procura del Tribunale di Roma e quella di Torre Annunziata, sollevato nel corso dell’inchiesta sulla società Deiulemar Compagnia di Navigazione Spa, dichiarata fallita il 2 maggio 2012. Dopo l’ottimo lavoro svolto dalla Procura del Tribunale oplontino e dalla guardia di finanza, culminato con gli arresti per bancarotta fraudolenta dei soci della galassia Deiulemar, ed il successivo sequestro della flotta mercantile e di altri beni immobili, l’inchiesta è stata trasferita a Roma a seguito dell’eccezione di competenza basata sulla presenza tra i creditori della società fallita di un magistrato campano. La Procura ha contestato tale decisione, eccependo che la titolare delle obbligazioni emesse dalla società fallita è la madre del magistrato. E sarà proprio il conflitto di competenza ad essere oggetto della sentenza della Suprema Corte il prossimo 13 febbraio. A tale riguardo, il comitato dei creditori ha sottolineato che problemi del genere non sono mai sorti in altre inchieste del genere. E’ stato fatto notare che se la causa penale rimanesse nella capitale ne sarebbe danneggiato lo sforzo investigativo della procura oplontina: una cosa è leggere le carte, altra è vivere sulla propria pelle tragedie del genere. Il fallimento della Deiulemar espone un passivo di oltre un miliardo di euro. Coinvolge oltre 13 mila creditori del territorio vesuviano. Il trasferimento del procedimento penale desta allarme tra i creditori/obbligazionisti Deiulemar a causa del timore di perdere il frutto dell’intenso lavoro della Procura di Torre Annunziata. Si teme che, “traslocate a forza” le indagini, lontano dai luoghi della sofferenza popolare, costituisca un alibi per abbassare la guardia nell’esecuzione di una procedura fallimentare che non può essere considerata di serie B, perché a favore di risparmiatori meridionali. «Non è una battaglia a favore o contro una Procura - ha dichiarato l’avvocato Giuseppe Colapietro, presidente del comitato dei creditori -. La nostra battaglia è diretta a dare giusto risalto (finora negato, ndr) ad un caso giudiziario in cui gli unici a pagare sono i piccoli risparmiatori, con l’unica colpa di aver dato fiducia ad una società radicata sul territorio. Ecco perché - prosegue Colapietro - abbiamo deciso di essere presenti innanzi la Suprema Corte, per rappresentare simbolicamente tutti i risparmiatori». L’avvocato Cardella, membro del comitato dei creditori, ha sottolineato che il caso Deiulemar non può essere limitato ad una sola città. «Questa incresciosa vicenda - ha spiegato - ha messo in ginocchio l’economia di Torre del Greco. Si tratta di un crac - ha concluso - di proporzione superiore a quello che ha investito la Parmalat». L’ultima precisazione è dell’avvocato Antonello Amato, altro membro del Comitato: «A onor del vero, risulta che il magistrato in questione, la cui genitrice è tra i titolari di obbligazioni Deiulemar, non presta servizio a Torre Annunziata nel ramo penale, cosicché non può far parte del congresso giudicante del Tribunale di Torre Annunziata». MARIO CARDONE