A cura della Redazione
Il nuovo corso che ha preso la valorizzazione dei beni culturali dopo il Grande Progetto Pompei, che fanno dell’enorme giacimento del Parco archeologico vesuviano una vera e propria industria di elaborazione della cultura, prevede non solo la rotazione dei reperti (che devono essere tirati fuori dai magazzini e ripuliti dalla polvere) da esporre nelle vetrine delle mostre nazionali ed internazionali, ma anche la valorizzazione dell’enorme materiale “complementare” che si è formato nel tempo e giace inutilizzato (fino ad ora) nei magazzini della Soprintendenza, a partire dal materiale fotografico (parte del quale rientrerà nella prossima mostra). Altro elemento caratteristico che ha un’enorme carica attrattiva sulla curiosità dei visitatori è formato dalla collezione di “calchi”. Nel 1863 l’allora direttore degli Scavi, Giuseppe Fiorelli, ebbe l’eccezionale intuizione di riempire con gesso liquido gli spazi vuoti che emergevano sotto la cenere, dovuti al disfacimento della materia organica. Questa fortunata invenzione rappresenta, ancora oggi, agli occhi dei turisti, l’immagine autentica della catastrofe vesuviana. Per cui quelle figure contorte assumono l’immagine di un dolore immenso che si è fermato nel tempo come per magia per cui i calchi riproducono nelle forme e nelle contrazioni l’agonia di un’intera città. Pensare che quegli impasti di gesso con ossa umane tramandano segnali della vita nel momento in cui incrocia la morte muove la commozione dello spettatore impotente. Quei calchi hanno diciotto secoli ma continuano a riproporre forme umane nella loro agonia. E’ verità assoluta con le loro ossa, le reliquie della loro carne e degli abiti mescolati col gesso: è il dolore della morte che assume un contorno materiale destinato a permanere nell’eternità come monito contro la forza terribile di devastazione del Vesuvio. Le domus pompeiane ed i templi sacri hanno lasciato un segno nella cultura degli ultimi due secoli. Gli arredi e le pitture hanno interessato ogni forma d’are e di design ma Fiorelli è riuscito, con la sua semplice invenzione, a conferire eternità al dolore umano. I calchi selezionati per l’intervento di restauro, previsto nell’ambito del Grande Progetto Pompei, sono in tutto 86. Provengono dai magazzini dell’area archeologica e dai depositi della Soprintendenza. Tra essi anche calchi di animali. Venti calchi, tra quelli restaurati, saranno esposti in occasione della mostra “Pompei e l’Europa. 1748-1943”, in programma dal prossimo 26 maggio. L’intervento di restauro punta alla conservazione e alla resa estetica dei manufatti: Si articolerà nelle fasi di pulitura, consolidamento, integrazione e protezione del manufatto. E’ il primo intervento di restauro dei calchi della storia degli scavi di Pompei. Vuol rappresentare il recupero della materia, ma soprattutto l’occasione per approfondire i vari livelli della conoscenza dei materiali organici (per esempio è stato constatato che il gesso utilizzato dal Fiorelli era di qualità superiore a quello dei calchi delle epoche successive). Lo stesso discorso vale per l’uomo (le sue cose e le sue vesti nonché le ossa) colpito dalla tragedia vesuviana. Quelle figure (a metà statua a metà cadavere) rappresentano un unicum. Il progetto di restauro seguito per la soprintendenza dal tecnico Stefano Vanacore comporta molteplici interventi su più livelli e vede coinvolte molte figure professionali quali archeologi, restauratori, antropologi, radiologi, ingegneri per rilievi scanner-laser e un tecnico di cartografia ed informatica. L’attività dell’antropologo serve a ricomporre il calco in una posizione (e ricomposizione) verosimile. Il cantiere del GPP è allestito presso la sede del Laboratorio di Restauro della Soprintendenza e nell’adiacente area dell’Insula Occidentalis Ulteriori cantieri si trovano presso l’Orto dei Fuggiaschi e nei pressi di Porta Nocera. La soprintendenza in occasione della mostra del 26 maggio intende realizzare un video documentario didattico-scientifico e un volume con le schede di tutti calchi, e i risultati delle indagini RX e DNA per meglio conoscerete l’individuo umano che si nasconde dentro al gesso. I rilievi scanner-laser di tutti i calchi permetteranno una visione tridimensionale di grande impatto con la possibilità di conoscere le variazioni nel tempo dello stato di conservazione. Saranno anche riprodotte delle copie dei calchi da inviare alle mostre al posto degli originali. MARIO CARDONE