A cura della Redazione
Pompei diventa un "caso" politico, con la dichiarazione di un dirigente provinciale del Partito Democratico che ha stigmatizzato la vicinanza del simbolo del Pd a quello di Forza Italia. Sul manifesto di apertura della campagna elettorale, il candidato sindaco Franco Gallo viene ritratto affacciato con un sorriso ineffabile su una serie di simboli di partiti e liste civiche (disegnati come bolle di sapone galleggianti nell’aria), come a dire “guarda, guarda dove sono capitato”. Tra le “bolle di sapone” figuravano anche gli stemmi dei due partiti di destra e sinistra, di opposta ideologia, di fatto legati dallo inciucio sulle riforme istituzionali. Se vale a Roma perché scandalizzarsi a Pompei? Pompei fa tendenza, a partire dai crolli negli scavi archeologici. Da quando D’Alessio ne ha fatto depositare il nome se ne parla tutti i giorni. Ora sono di attualità le acrobazie politiche a livello locale. Dopo l’uscita contrariata del dirigente provinciale dei Democratici, c’era da aspettarsi che la destra non perdesse l’occasione per dare visibilità a qualche suo esponente. «Mi auguro - ha dichiarato il senatore Vincenzo D’Anna, eletto nelle fila del Pdl, vicepresidente del gruppo parlamentare Gal - che tale ambiguità politica (riferendosi all’avvicinamento dei simboli, ndr) resti circoscritta a Pompei e che non sia, come invece temo, un mero espediente per coprire la debolezza e l’incapacità del coordinamento provinciale di Forza Italia di non aver né saputo né potuto presentare le liste nella città degli Scavi». Sul piano locale, si era candidato a sindaco, per Elaboriamo, Carmine Lo Sapio. Non era volata neanche una mosca. Non appena ha fatto il famoso passo indietro a favore di Gallo, è venuta giù la fine del mondo. Molti si sono meravigliati. Altri hanno fatto circolare ipotesi di “accordi segreti” in barba al libero voto dei pompeiani. Gallo, da parte sua, ha forse fatto l’errore politico di sconfessare Staiano e (con lui) il suo stesso passato, considerato che politicamente non ne ha altri perché successivamente all’esperienza di vicesindaco negli anni ´90 non è stato più eletto in Consiglio comunale. Sarebbe sterile lasciarsi trascinare dalla polemica della vicinanza dei simboli, meglio cercare allora di capire cosa c’è dietro alla delegittimazione del candidato di turno: una politica senza progetti che ha come unico argomento parlare male dell’avversario. La sostanza delle cose sta nella considerazione che alla fase preliminare, che in solitudine abbiamo definito “mercato delle capre”, nella formazione delle coalizioni nelle quali (ad eccezione per quelle capeggiate da Pietro Amitrano e Fabio Liguori per M5S) hanno contato solo la forza dei numeri (e dei clientelismi) a discapito di ogni altro argomento politico. Se l’importanza è di vincere, il risultato è quello che i pompeiani hanno sotto gli occhi e su cui dovranno decidere il governo di Pompei per il loro futuro. Al di là di considerazioni che lasciano il tempo che trovano, si contrastano tre persone perbene (candidati a sindaco) che però hanno lo stesso peccato originale (chi più, chi meno) costituito dal seguito di personaggi che hanno segnato negli ultimi dieci anni l´Amministrazione comunale, il cui risultato è sotto l’occhio di tutti. Un’altra domanda, inquietante, riguarda l’asprezza maggiore di questa campagna elettorale e l’intervento puntuale di soggetti esterni che forse non sono solo spettatori, ma rappresentano precisi centri di interessi esterni a Pompei. MARIO CARDONE twitter: @mariocardone2