A cura della Redazione
Il consigliere comunale Antonio Ebreo è delegato alla Cultura nell’amministrazione comunale di Pompei, medico che ha fatto la scelta di contribuire alle missioni umanitarie nei paesi in guerra in Africa e in Asia minore. Molto frequentemente le vicende dolorose a cui partecipa, o di cui viene a conoscenza, tornano a Pompei insieme a lui. E’ il caso delle undici storie di bambini palestinesi che giovedì, 21 marzo, nell’aula consiliare del Comune mariano, saranno raccontate da Cecilia Gentile, autrice del libro "Bambini all´Inferno". Interverrà Sabri Ateyeh, Ambasciatore della Missione Diplomatica Palestinese in Italia. Amal, undici anni, ha visto uccidere il padre sotto i suoi occhi, mentre il fratellino moriva dissanguato tra le braccia della madre. Lei è rimasta sepolta per quattro giorni sotto le macerie e ha quindici schegge in testa. Yaser, dieci anni, non ha più una casa. Così se ne sta raggomitolato a terra, sul pavimento duro di una baracca di cemento e non gioca, non sorride, non parla. Solo qualche mozzicone di frase. Amal e Yaser sono vittime della violenza, a Gaza e nei territori occupati della Palestina. La loro storia è raccontata da Cecilia Gentile, giornalista di “La Repubblica”, in un libro agile e crudo: “Bambini all´inferno”, pubblicato da Salani Editore nella collana “I garanti”. Il lettore cammina insieme all’autrice in un corridoio sospeso nel nulla, in mezzo al deserto, sotto il tiro delle armi israeliane. Attraversa il varco di Erez e si trova con lei in una terra di sassi e pietre, tra montagne di detriti e immondizia, circondata dagli uomini di Hamas e dal loro integralismo, ma anche dai bambini che vendono frutta al mercato, che scavano con le mani tra i calcinacci per trovare materiale da vendere o da riutilizzare. Bambini che hanno smesso di giocare e che sognano di diventare adulti. La giornalista è entrata nelle loro vite e con delicatezza li ha fatti parlare. Nascono così le undici storie di “Bambini all´inferno”, quella di Amal e Yaser, ma anche quella di Khaled, passato dentro un tunnel per fuggire dall’Egitto e tornare a Gaza. Era stato il padre a portarlo fuori della striscia, a promettergli una vita diversa e ad affidarlo nelle mani di una donna che lo legava e picchiava. Non andava a scuola, non aveva amici. È tornato percorrendo al contrario uno dei tunnel di Rafah: un chilometro sotto terra e poi la luce. A otto anni il campo profughi di Al-Magazi può essere chiamato “casa”. Khaled è tornato per vivere e come molti suoi coetanei accarezza la speranza di diventare un adulto che aiuta gli altri. I bambini di Gaza sognano di fare i costruttori di case, strade e ponti, le infermiere e i medici. Ma per quanti continuano a credere nel futuro c´è chi alimenta il desiderio di vendetta. Ripetono frasi terribili, che conducono sul baratro di un odio senza fine: “Mai perdonare, mai dimenticare “. Percepiscono gli israeliani solo come il nemico. E più hanno paura e più odiano: “Quando vogliono, i coloni vengono e ci picchiano. La polizia non ci protegge, non c´è sicurezza”, dicono Emran ed Ejad, che raccolgono sassi e li scagliano, combattono la loro piccola Intifada e vengono arrestati. A dodici anni. E’ questa terra che l’autrice ha voluto visitare su invito di Maria Rita Parsi, direttrice della fondazione Movimento Bambino e della collana “I garanti”. L’obiettivo era indagare l’infanzia nel cuore di un conflitto grazie alla collaborazione delle organizzazioni internazionali e delle associazioni locali che lavorano a Gaza. L’autrice ha dedicato questa inchiesta a Vittorio Arrigoni, l’attivista per i diritti umani assassinato a Gaza il 15 aprile 2011. Il libro è insieme di denuncia e atto di solidarietà: i diritti d´autore del libro saranno devoluti al “Palestinian Centre for Democracy and Conflict Resolution”, associazione di Gaza che insieme a “Save the Children” è impegnata in progetti di sostegno e di protezione per l’infanzia. m. c.