A cura della Redazione
Una lunga fila di pompeiani davanti al gazebo del Movimento Cinque Stelle, dove era in corso la raccolta di firme per dire "no" al taglio dei platani secolari del viale Colle San Bartolomeo, è la prova di quanto sia radicata la storia locale nell’animo della gente di Pompei. Il sentimento prevalente del referendum cittadino contro il taglio delle piante è quello di attaccamento alla storia del territorio piuttosto che di ambientalismo, dal momento che in altri casi precedenti dello stesso tipo, come il taglio degli eucalipti in via Aldo Moro, non si è manifestata una reazione così forte da parte della popolazione. Tornando ai platani che il Comune aveva dato ordine di tagliare ad una ditta privata, essi risalgono alla creazione relativamente recente del centro moderno di Pompei. Città nata con un nome che è un mito nell’immaginario collettivo. Eliminare quegli alberi da un giorno all’altro significa cancellare in un sol colpo una pagina di storia della città di cui tanti concittadini (non più giovani) si sentono in qualche misura compartecipi. Il “Colle” rappresentava (ed in parte è tuttora) il salotto buono della città. Non a caso, sulla sua sommità è sito il villino di residenza del suo fondatore morale, Bartolo Longo, che vi ha abitato insieme alla nobile consorte Marianna de Fusco. Ai nostri giorni lo storico villino è stato trasformato in sede di un museo, a torto tralasciato dai pellegrini, così come state abbandonate al loro destino le piante monumentali che si paravano come maestose colonne antiche a partire dall’inizio della strada. Quegli alberi conferivano un’atmosfera magica all’ambiente circostante, così come lungo il corso del fiume Sarno. Ai turisti pare, nel paesaggio che contribuiscono a creare, di trovarsi in una città di rango europeo. Gli alberi danno un effetto speciale all’ambiente superiore a mille bandiere. Stupisce che il taglio di quei platani che, come si è detto, rimandano alla tradizione di Pompei, sia capitato nel corso dell’amministrazione D’Alessio, sindaco che notoriamente valorizza la tradizione locale con segni della memoria. Ricordiamo la saletta delle memorie di guerra a Palazzo de Fusco e le tante lapidi e monumenti ai caduti eretti dalla sua Amministrazione lungo il percorso urbano. Se costa tanto creare nuovi segni della memoria perché distruggere quelli esistenti? MARIO CARDONE