A cura della Redazione
Ha avuto ampia eco un servizio sul quotidiano francese Liberation del 19 febbraio scorso, sulla trascuratezza del governo italiano riguardo alla tutela dei siti culturali del nostro Paese. Non sarebbe stato difficile prevedere che largo spazio sarebbe stato riservato al parco archeologico pompeiano in quanto esemplare (tra i 47 siti Unesco, che sui complessivi 962 al mondo pone l’Italia al primo posto nella prestigiosa classifica) di una colpevole situazione di degrado, oramai sedimentato nel tempo, la cui recente gestione è stata paragonata a quella di un Mc Donald´s, secondo la dichiarazione delle parlamentare Luisa Bossa del Partito Democratico. La quale, da ex sindaco di Ercolano, è stata testimone di un’esperienza virtuosa negli scavi archeologici della sua città, che dista solo 14 chilometri da Pompei, grazie all’intervento della fondazione Packard, attestandosi come modello esemplare di partecipazione dei privati al recupero del patrimonio archeologico. Significativo, oltre a quello della Bossa, l’intervento di Antonio Irlando, responsabile del patrimonio culturale. Irlando ha richiamato (non è la prima volta) l’attenzione di quanti hanno a cuore la salvezza del patrimonio di Pompei. L´appello è di fare presto con gli appalti dei lavori di restauro, perché i cantieri finanziati con 105 milioni di euro dalla Comunità Europea si aprono con troppa lentezza. Soprattutto, manca a Pompei un numero sufficiente di custodi per provvedere alla tutela costante del monumento contro atti vandalici. Mancano anche gli operai specializzati per il restauro ordinario del monumento. Ogni giorno si ha notizia che del distacco di un pezzo d’intonaco o di stucco da qualche muro antico, o di una frana di un terrapieno o di un allagamento di una strada. Ordinaria amministrazione per una struttura urbana che ha venti secoli di vita, ma è necessario intervenire immediatamente per non pregiudicare il contesto complessivo, perché la piaga del degrado dovuto a fattori naturali come il vento e la pioggia tende a ramificarsi come un cancro maligno sul monumento antico, unico esemplare al mondo di un complesso urbano parzialmente intato di una città che viveva sotto l’Impero Romano. Nell’articolo di Liberation vengono citati esempi (come quello del restauro del Teatro Grande) in cui alla spesa sconsiderata di soldi pubblici si è aggiunta l’ignoranza di fondo delle problematiche del sito archeologico. Ignoranza che a quanto pare permane ancora oggi, a sentire le risposte ai giornalisti in occasione della visita del commissario europeo Johannes Haan a Pompei. Nell´occasione, il ministro Lorenzo Ornaghi ha replicato ad una preciso quesito che la mancanza di custodi ed operai addetti al restauro negli scavi di Pompei è pura polemica dei sindacati. MARIO CARDONE