A cura della Redazione
Da mercoledì 7 novembre sarà di nuovo aperto al pubblico l’Orto dei fuggiaschi. Si tratta di un vigneto che produce il “Villa dei Misteri”, un vino realizzato con le stesse tecniche e le medesime uve di un tempo dalla Soprintendenza Archeologica di Napoli e Pompei in collaborazione con una prestigiosa azienda vinicola campana. L’orto è composto da un ampio vigneto sito nell’area sud-orientale di Pompei (Reg. I, insula 21). Prende il nome dai tredici fuggitivi dall’eruzione del Vesuvio i cui corpi furono scavati nel 1961. Si suppone che i “fuggiaschi” fossero diretti verso le mura della città nella speranza di trovarvi scampo, ma vennero poi uccisi dalla caduta delle pomici della prima fase dell’eruzione nel 79 d. C., e successivamente sepolti dalle ceneri delle seguenti fasi eruttive. Rimasero a giacere in quel fondo agricolo fino allo scavo eseguito dal soprintendente dell’epoca, Amedeo Maiuri, che pensò di lasciare nel sito la tragica testimonianza di una triste vicenda umana che ancora oggi suscita la pietà dei turisti. Maiuri si limitò a raggruppare in un lato dell’oro dell’area i tredici calchi di gesso dei fuggiaschi eseguiti con il metodo “Fiorelli”. Difatti dei tredici cadaveri, adulti e bambini scavati nel vigneto, fu possibile eseguire il calco in gesso con il metodo introdotto già nell’Ottocento dal primo sovrintendente di Pompei, Giuseppe Fiorelli. Il metodo, utilizzato attualmente anche per altre testimonianze storiche, come radici di alberi, che hanno lasciato l’impronta nella cenere, consiste nel versare gesso liquido nei solchi che segnano i lineamenti della vittima dell’eruzione nella cenere solidificata che ne ha conservato intatto il profilo. L’intervento di restauro, da poco concluso, è stato eseguito con fondi ordinari della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei, vale a dire con i soldi incassati al botteghino degli Scavi di Pompei per i biglietti staccati ai turisti. L’iniziativa di restauro è rientrata nell’attività di manutenzione ordinaria. Ha riguardato la sistemazione della struttura che ospita i calchi, migliorandone la funzionalità ed il valore espositivo dei reperti secondo la loro valenza storica ma anche di rispetto alla triste memoria raccolta in quelle testimonianze di morte. Si tratta infatti dei corpi di cittadini dell’antica Pompei che, a causa dell’eruzione, sono giunti fino a noi nel tragico atteggiamento assunto nel momento in cui sono stati presi dalla morte. Atteggiamento che trasmette ai visitatori un terribile messaggio di sofferto terrore. I calchi sono stati temporaneamente rimossi e sistemati in una teca più funzionale. L’operazione è stata delicata e complessa ma ha consentito di procedere al restauro dei calchi conservando integre le fattezze ed i lineamenti dei corpi all’atto dello scavo. E’ servita a predisporre un allestimento più suggestivo posizionando i calchi su un sottile letto di cenere in modo da ricordare l’eruzione che uccise i “fuggiaschi”. MARIO CARDONE