A cura della Redazione
«In giunta abbiamo semplicemente deliberato un atto di indirizzo al dirigente dei servizi finanziari, che dovrà predisporre uno studio di fattibilità sulla privatizzazione della casa di riposo Carmine Borrelli». Con queste parole si schermisce l’assessore al comparto sociale di Pompei, Pasquale Avino, che nonostante abbia votato la delibera di giunta preferisce non impegnarsi sulla delicata materia della privatizzazione dei servizi comunali. Considerato che tutto l’anno si è parlato della privatizzazione del cimitero, ora l’iniziativa si allarga, con altra delibera, alla casa di riposo comunale. Quella delle privatizzazioni notoriamente è una delle principali linee guida della politica del primo cittadino Claudio D´Alessio, che s’ispira a principi di contenimento dei costi. La casa di riposo “Carmine Borrelli” dipende dall’azienda comunale “Aspide”, costituita sulla base di un lascito ereditario formato da beni immobiliari. Il tutto vincolato alla “mission” di assicurare dignitosa assistenza agli anziani rimasti soli in stato di disagio. Ora la notizia della privatizzazione dell’ospizio comunale ha acceso un forte dibattito tra favorevoli e contrari, destinato a protrarsi nei prossimi mesi. Disputa che durerà almeno quanto l’iter di privatizzazione, ammesso che l’iniziativa vada avanti. I protagonisti della disputa sono i soggetti politici di professione ed i loro antagonisti che affilano i coltelli nell’attesa della prossima tornata elettorale. Alla tesi possibilista (e passabilista) di Avino si contrappone la tesi del suo predecessore nell’incarico, Ferdinando Uliano (foto), che ha lasciato l’impegno attivo in politica in contrasto con il sindaco D’Alessio, ma continua a coltivare la passione per il sociale con iniziative che lo hanno visto protagonista in svariate occasioni. Uliano, che è attualmente portavoce di un forum di associazioni territoriali, al contrario di Avino, che ha abbandonato ogni prudenza per condannare senza alcuna riserva il progetto di “esternalizzazione” (come si dice in politica) dell’esecutivo di Pompei, ritiene che non si è tenuto conto della volontà testamentaria di Concetta D’Arienzo e della tradizione di Pompei di tutela della salute degli anziani, nell’esempio della tradizione che risale a Bartolo Longo. MARIO CARDONE