A cura della Redazione
L’iniziativa della dirigenza del Comune di Pompei, che chiaramente gode del beneplacito della giunta, di procedere al parziale ripianamento d’organico dei vigili urbani, ha originato la dura reazione di un sindacato di categoria ed un certo numero di caschi bianchi che si sono sentiti lesi nei loro interessi legittimi. Il fatto poi che l’Amministrazione, invece di bandire un regolare concorso pubblico per i posti vacanti nell’organico della polizia municipale abbia preferito sfruttare la mobilità interna (forse per risparmiare), trasferendo un impiegato e due funzionari amministrativi a mansioni di vigile urbano e di ufficiale della polizia locale, ha scatenato una reazione a catena con una raffica di ricorsi contro il provvedimento in tutte le forme e gradi di giurisdizione (con partecipazione, in un caso, di un privato cittadino che aspira a partecipare ad un concorso che offra la possibilità di indossare la divisa del glorioso corpo di polizia di Pompei, causa di gioie e sofferenze per il primo cittadino). Al momento si è inasprita la controversia a causa della presentazione di un ricorso al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano da parte di tre vigili urbani contro le delibere di trasferimento di funzionari amministrativi a mansioni di polizia municipale. In sintesi, i ricorrenti sostengono che il corpo dei vigili urbani è autonomo rispetto agli altri servizi municipali, con concorsi e regole ad hoc di progressione di carriera. Per cui l’Amministrazione non ha titolo di ordinare che semplici impiegati, da un momento all’altro, possano indossare divisa blu e casco bianco (se è superato l’esperimento della tuta mimetica). Di contro, la giunta municipale, che si è espressa tramite l’assessore al comparto Alfano, giustifica il suo operato sulla base del potenziamento qualitativo e quantitativo del corpo dei vigili urbani, aggiungendo che prima di decidere è stata sentita la consulenza di un esperto del settore. Il risultato finale è che a tante controversie in attesa di sentenza si aggiunge il ricorso al Capo dello Stato, con tanto di opposizione dell’Amministrazione (avvocati a carico dei contribuenti, salvo smentita del sindaco). In questo modo aumenta oltre il consentito la litigiosità interna al Comune e peggiora il clima aziendale. Ci risultano altre questioni e litigi interni che risparmiamo ai lettori. Il problema è che con l’aumento dei contrasti interni si riduce la produttività della macchina comunale. A chi addebitare la responsabilità di tutto questo? MARIO CARDONE