A cura della Redazione
Il recente convegno svoltosi presso gli scavi archeologici di Pompei, presenti il sottosegretario al Ministero dei Beni Culturali, Riccardo Villari, e la soprintendente archeologa Teresa Cinquantaquattro, è servito(a parte gli interventi di natura culturale) a confermare un dato di fatto: e che, cioè, al momento non si apriranno cantieri di restauro conservativo e di messa in sicurezza nell’area archeologica. Siamo fermi al crollo della Schola Armaturarum. Se fosse subentrata qualche novità, sarebbe stata annunciata sotto i riflettori dei mass media. Invece, alla folta delegazione di giornalisti, sono state propinate informazioni su restauri realizzati alcuni anni prima insieme al proposito di proseguirli in una seconda fase, in un incerto futuro, perché non esiste nessun progetto o convenzione con sponsorizzazione dell’associazione di categoria delle imprese di concia della pelle che, ricordiamo, precedentemente si era fatta carico della decima parte della spesa complessiva. Il tutto, per chiarire che nell’ultima conferenza stampa, come iniziative precedenti dello stesso tipo, la città di Pompei è stata utilizzata come "tappeto rosso" per politici in cerca di visibilità. Manca ogni progettualità concreta e all’orizzonte non s’intravede niente di nuovo, fatta eccezione per gli aiuti europei. Pienamente giustificato, quindi, il rammarico di Antonio Irlando (responsabile dell’osservatorio culturale) nel constatare l’aspetto deleterio di questo stato d’immobilismo perché il Mibac non ha proceduto alle preventivate assunzioni di custodi ed al finanziamento straordinario di lavori pubblici. Al di là di studi e convegni, non si fa un passo avanti nel mettere in cantiere lavori urgenti. “La situazione negli scavi è drammatica e i crolli di parti di muri ed intonaci decorati, come ampiamente documentato, si verificano quotidianamente anche senza le piogge – ha commentato Irlando –. Aspettare gli eventuali fondi europei per mettere in sicurezza idrogeologica l’area archeologica, come ha detto il sottosegretario Villari, ci sembra gravissimo - ha spiegato - perché Pompei dispone di somme derivanti dalla vendita dei biglietti d’ingresso con le quali i lavori, nelle conosciute aree critiche, sarebbero potuti già partire da molti mesi”. L’impressione, quindi, è che il “caso Pompei” sia stato accantonato nell’attesa che si crei con le piogge d’autunno un nuovo stato d’emergenza a cui rispondere con iniziative straordinarie. MARIO CARDONE