A cura della Redazione
Dove sono andati a finire i circa diecimila voti che hanno conferito un lusinghiero successo a Claudio D’Alessio e la sua maggioranza (67% del totale) alle elezioni amministrative tenute nella primavera dell’anno scorso? Anche se si tiene conto della migrazione di molti consiglieri comunali di maggioranza dal Partito Democratico all’Unione di Centro, mentre qualche presenza di rilievo del consesso consiliare ha fatto la parte "dell’amico del giaguaro", i voti complessivi si fermano a circa cinquemila (tenendo conto anche di Italia dei Valori). Si tratta di cinquemila voti (quattromilacinquecento, se si tiene conto delle maggiori astensioni) di pompeiani che hanno premiato partiti di centrodestra, segnatamente al Popolo della Libertà. Non è la prima volta. Va precisato che della coalizione di maggioranza fa parte il Movimento per le Autonomie, notoriamente di schieramento opposto. Il resto dei voti si sono in gran parte attestati a favore del partito di Berlusconi. “Come maggioranza, con sedici consiglieri, un sindaco e cinque assessori non ci abbiamo fatto una bella figura”. E’ stato costretto ad ammettere Alfredo Benincasa, del Partito Democratico, ma inserito in un gruppo consiliare autonomo. Più o meno della stessa opinione è Domenico Mancino, segretario della formazione pompeiana di Bersani, che viene dato prossimo dimissionario dalla carica, dal momento che molti "pezzi da novanta" che ne hanno sostenuto l’ascesa politica, successivamente hanno cambiato casacca, lasciandogli il cerino in mano ed il rischio di bruciarsi le dita. Il quadro politico locale che ne emerge pone il ceto politico di Pompei locale in una situazione di evidente inadeguatezza rispetto all’orientamento del corpo elettorale. La maggioranza non riesce ad orientarlo in direzioni parallele alle proprie ideologie, con la conseguenza che D’Alessio resta senza referenti (e tutele) nelle stanze dei bottoni del capoluogo campano (sia in Provincia che in Regione). Il risultato é che la città di Pompei resta la Cenerentola di sempre in tema di sostegni finanziari pubblici ai suoi progetti. La minoranza, inoltre, si é dimostrata ancora una volta inadeguata rispetto alle attese del corpo elettorale, che nel voto politico esprime una richiesta di cambiamento ma nello stesso tempo non attribuisce peso al ceto dirigente locale. L’ultimo esempio è dato dal successo personale sulla piazza di Pompei di Longobardi, candidato nella lista Pdl, che ha preso più voti della ministra Carfagna, notoriamente sostenuta dal vertice locale. MARIO CARDONE