A cura della Redazione
Le staccionate fuori alle Case Operaie invadono ancora il centro storico della Pompei moderna, intralciando il traffico e non lasciando intravedere la partenza dell’opera sociale che aveva giustificato il finanziamento pubblico di restauro di una proprietà privata. “Stiamo ancora aspettando, dopo cinque anni, che ci vengano consegnate le Case Operaie”. Le parole polemiche, rivolte all’amministrazione comunale di Pompei del sindaco Claudio D’Alessio, sono dell’arcivescovo Carlo Liberati. Si riferiscono ad uno dei motivi maggiori di contrasto del vertice della Chiesa mariana con la classe dirigente di Pompei. Giova ricordare che le Case Operaie sono palazzine storiche del primo ´900 volute da Bartolo Longo a favore del ceto proletario. Il loro restauro si è avvantaggiato di finanziamento regionale al fine di cambiare la loro destinazione in case famiglia dopo che le famiglie operaie sono state spostate altrove. Ora dopo numerose traversie amministrative burocratiche ed operative sembrava d’intravvedere la fine di questa ennesima Odissea dei lavori pubblici di Pompei. La soluzione sembrava a portata di mano dopo che l’amministrazione di Pompei, non senza contrasti e perplessità, è pervenuta a transizione con la ditta che ha avuto l’appalto dei lavori, accollandosi la responsabilità dei ritardi dietro il pagamento di quattrocentocinquantamila euro. A questo punto quale è il nuovo ostacolo alla consegna delle palazzine alla chiesa di Pompei? L’arcivescovo dice di aspettarne la consegna da cinque anni. Il sindaco D’Alessio, da parte sua, non si spiega questo atteggiamento di attesa dal momento che, secondo lui, il Comune ha fatto fino in fondo la sua parte. Il problema è che si sono accorti in ritardo, comunque alla fine dei lavori che bisogna ancora dotare le struttura di una cabina elettrica capace di dotarla di energia sufficiente A questo punto è ripartito il gioco dello scarica barile tra le due parti in causa aggravato dalla circostanza che reperire gli spazi adatti ed allacciare la corrente non è più semplice come forse sarebbe stato all’inizio dei lavori. Ricordiamo che al Santuario di Pompei competeva la progettazione dell’opera di restauro mentre il Comune è entrato nell’iniziativa come esecutore appaltante per l’esecuzione dei lavori. Intanto, nell’attesa, le palazzine si stanno nuovamente deteriorando e con esse stanno andando in fumo i quattrini che sono stati spesi nell’opera. MARIO CARDONE