A cura della Redazione
“Si è trattato di uno sfogo. Monsignor Liberati ha fatto le sue considerazioni rivolgendosi nel privato (in riferimento all’assemblea del personale del Santuario del 23 novembre scorso, ndr) ai dipendenti del Santuario. Non era una conferenza stampa”. Tanto é stato precisato negli ambienti della curia vescovile vicini all’Arcivescovo-Prelato di Pompei. Il fatto è che i dipendenti del Santuario superano il numero di duecento. A questi vanno sommati i sacerdoti, le monache, i Fratelli delle scuole cristiane e quanti orbitano nell’ambiente a diversi livelli d’impegno. La chiesa a Pompei, per antica tradizione, oltre a centro della devozione alla Madonna del Rosario, è la più grossa realtà aziendale della città, insieme al Comune ed alla Soprintendenza archeologica. Questo è il motivo per cui ogni intervento del pastore della diocesi mariana rimbalza sull’opinione pubblica. Liberati sa bene di esercitare un doppio ruolo: quello di amministrazione dell’ingente patrimonio del Santuario di Pompei e l’altro, non meno importante, di Capo spirituale della comunità pompeiana. Una situazione di fatto che ha sempre messo la Chiesa di Pompei nelle condizioni di essere un potere forte, da cui non si può prescindere sul territorio. Rispetto al “mestiere” di amministratore, Mons. Liberati ha dimostrato di saperlo svolgere molto bene. Lui stesso ha sbandierato nella suddetta assemblea la lettera che gli è stata inviata dal Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato del Vaticano che, nel comunicargli l’approvazione del bilancio del 2008, gli ha espresso segnali d’apprezzamento e di gratitudine. Altra cosa è l’attività pastorale per la quale sono arrivati all’Arcivescovo, in svariate occasioni, segnali inequivocabili di contestazione. Ultimo la raccolta di firme su un documento che sta girando per Pompei (al momento i promotori, fuori dagli incarichi politici, dichiarano di aver raccolto 600 firme). Il fatto che l’Arcivescovo Prelato non abbia rinnovato gli incarichi a due tra i suoi maggiori collaboratori la dice lunga sul clima di divisione che regna sia tra il popolo dei fedeli che all’interno stesso della curia vescovile. In questi anni il rapporto con le Istituzioni locali è stato altalenante. Difatti un giorno l’Arcivescovo ha ringraziato pubblicamente l’onorevole Armato (all’epoca assessore regionale) per il finanziamento dell’Opera sociale della Casa della madre e del Fanciullo (finanziamento concretizzato con circa 3 milioni di euro) ed ora (alla vigilia delle elezioni) se l’è presa con l’esecutivo di Bassolino “che ha fatto ben poco per sostenere le attività sociali del Santuario, abbandonando la città a se stessa". Attacco collegato al flop dell’operazione di ristrutturazione, che doveva essere parimenti finanziata dalla Regione Campania, dell’edificio ex orfanotrofio femminile, che doveva diventare sede di un museo. Identica natura ha la relazione del vertice del Santuario con l’amministrazione comunale di Claudio D’Alessio che ultimamente Liberati ha bacchettato per il degrado in cui vive la città (spaccio di sostanze stupefacenti, carenza di sicurezza e aumento del fenomeno della prostituzione). MARIO CARDONE