A cura di Enza Perna

Il 2 aprile è stata celebrata la giornata mondiale dell’Autismo. Dieci giorni dopo, in rete, si diffonde la notizia di un ragazzo autistico di Livorno escluso volontariamente dalla gita scolastica. 

L’hashtag “#iosonogiulio” (il nome del ragazzo), diventa in poche ore virale. Associazioni e migliaia di persone si schierano subito dalla parte dello studente di 14 anni, che frequenta la terza media. Tutti contro i docenti e la preside che non hanno avvisato i genitori. Giulio, quella mattina, entra in classe e trova il vuoto. Questo fenomeno da anni è diventato motivo di discussione ed interesse mondiale. 

Ma cos’è l’autismo? Senza entrare nei dettagli scientifici, si può semplificare affermando che è un disturbo caratterizzato dalla compromissione dell’interazione sociale e da deficit della comunicazione verbale e non verbale, che provoca ristrettezza d’interessi e comportamenti ripetitivi. 
Il soggetto autistico non ha segni fisici che indicano questa patologia e, come tale, può interagire con le altre persone.

Ma come vivono questi ragazzi? Cosa affrontano le famiglie? Cosa vuol dire vivere con una persona che ha difficoltà psico-motorie?

Per rispondere a queste domande entriamo in casa Carotenuto. Conosciamo Vincenzo, un ragazzo con un ritardo intellettivo e tratti autistici. I suoi genitori Ciro e Concetta Romano ci raccontano la loro storia. 

Vincenzo ha 18 anni, secondogenito di tre figli maschi. Nella fase infantile inizia a manifestare i primi sintomi. Fisicamente è alto, robusto, due occhioni neri. E’ dolce, affettuoso, un ragazzo che pur non conoscendoti ti abbraccia e ti accarezza. Manifesta sentimenti e amore. 

«Mio figlio è un elfo nel paese dei giganti - racconta la mamma Concetta -, pur avendo raggiunto la maggior età deve essere ancora protetto. Il nostro percorso non è stato mai semplice. Le discriminazioni sono cresciute insieme a noi. All’inizio abbiamo sempre incontrato persone incompetenti che non hanno saputo guidarci. Nessuno ci ha fornito le giuste spiegazioni sul perché di questa particolarità di Vincenzo. Nessuno sapeva dirci come affrontarla. Certo non è stato facile spiegare o cercare di far integrare mio figlio in questa società spesso contaminata da aberrazione mentale». 

Vincenzo ora frequenta il Liceo Artistico “Giorgio de Chirico” a Torre Annunziata, diretto da Felicio Izzo. Qui ha conosciuto la società. Qui sta vivendo l’esperienza più bella della sua vita. 
Grazie alla competenza delle sue insegnanti di sostegno Nunzia e Pina Auriemma, ed Ines Di Matteo, Vincenzo si è integrato tra i suoi coetanei partecipando regolarmente a tutte le attività scolastiche ed extrascolastiche. 

«Alle gite non ha mai partecipato - dice Concetta con occhi malinconici - per scelta mia. Ho sempre avuto paura, ma è stato sempre invitato e voluto. Devo dire che il corpo docenti è arrivato là dove non siamo riusciti ad arrivare noi. Sono tutti meravigliosi». 

Da qui poi comincia il racconto della prima esperienza giovanile di Vincenzo. La festa dei 18 anni della sua compagna di classe Margherita.

«Mio figlio è stato invitato a questa festa in maniera talmente naturale e spontanea che non ho saputo dire di no. Noi ci siamo limitati ad accompagnarlo e andare a riprenderlo all’uscita del locale. E’ stato assistito da tutti i suoi compagni. Un gesto - sospira Concetta - che aspettavo da anni. In questa occasione mio figlio ha scoperto la gioia di scegliersi l’abbigliamento giusto, l’autonomia, l’indipendenza. Una serata indimenticabile per lui. E’ rientrato con un sorriso che difficilmente ho visto su quel volto così ingenuo e timido». 

Concetta, nel raccontare la sua storia, alterna momenti di tristezza e preoccupazioni, a gioia e forza d’animo. I suoi occhi azzurri celano quell’«amore di mamma» che solo le grandi donne possono possedere. 

«Io credo che nonostante l’abbattimento delle barriere architettoniche e del muro di Berlino - asserisce - gli uomini hanno ancora un “confine” mentale, e non mi riferisco alla società ma alle difficoltà burocratiche che le istituzioni continuano a creare. Noi mamme di “elfi” vogliamo e necessitiamo solo di sostegno, non di iter burocratici che rendono tutto ancora più complicato».

Questa mamma, appena 40enne, dopo Vincenzo decide di avere un altro figlio. 

A distanza di 14 anni arriva, in casa Carotenuto, Andrea Pio. Andrea al momento mostra un ritardo di linguaggio reputato dagli specialisti non della stessa gravità del fratello, e frequenta centri specialistici. Nonostante la presenza di due bambini con difficoltà, le istituzioni locali sembrano non aiutare questa famiglia che si ritrova ad affrontare spese e situazioni difficili da gestire. 

Da un anno Vincenzo e Andrea vengono accompagnati al centro “Linea Medica” dai genitori, le Politiche Sociali hanno sospeso il servizio pulmino. I due fratelli frequentano regolarmente l’associazione di Torre Annunziata “Giuseppe Ottone”, ospitata dal Santuario dello Spirito Santo di Don Pasquale Paduano. Un gruppo di mamme si sono offerte volontarie e fungono da operatrici per i loro figli, organizzando gite e passeggiate per inserire e far vivere i loro figli, spesso dimenticati da chi di dovere.

Questi bambini sono speciali, hanno un tesoro inesplorato, hanno una personalità così particolare che solo chi si volta dall’altro lato non può notare. Chi si “gira dall’altra parte” è il vero diverso. Loro possono dare ciò che chi si definisce  normale non possiede: la sensibilità. Ed è qui che nasce l’errore. Non c’è da distinguere, non c’è da escludere. Sono bambini, ragazzi. Tutti loro hanno un tesoro nascosto, basta solo scoprirlo. 

(Nella foto, Vincenzo con i genitori Ciro e Concetta)

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